La fine del mondo è tutta da dimostrare. Se ti ammazzo, fammi vedere la traiettoria del tuo sangue. Se ti interrogo sul passato, spiegami “cosa sarebbe successo se”. Se ti estingui, lascia testimonianze di te: fotografa arti, pelle, occhi, a ricordare ai posteri com’era fatto il genere umano. E se ti sgretoli in polvere, come le sette meraviglie dell’antichità, prova a almeno a venderti: magari qualcosa la ricavi.
Dies Irae – cinque episodi intorno alla fine della specie, visto al Tam di Padova: “it’s a cold and it’s a broken hallelujah”, come cantano le parole di Leonard Cohen per tutto lo spettacolo. Siamo ridicolmente nudi di fronte a noi stessi e allo sfacelo che stiamo provocando? No. Siamo consapevoli delle alternative possibili attraversate e sfiorate dalla storia, e incredibilmente lasciate cadere? Nemmeno. Siamo scandalizzati? Irritati? Preoccupati? Coinvolti? Niente.
Siamo noncuranti. E perciò, della fine del mondo si può anche ridere. Dies Irae di Teatro Sotterraneo è uno sguardo lucido, distaccato e vivisezionato sul progressivo e inconsapevole allontanamento dell’uomo da se stesso. Cinque episodi, appunto, indipendenti tra di loro semanticamente ma necessari in sequenza all’individuazione del senso ultimo dello spettacolo, per tentare di registrare nitidamente, come fosse un verbale di assemblea, le voci di un’umanità che si sta sprecando.
Nitidamente: perché per mettere in scena “la banalità del male” non occorre commentarla, basta raccontarla così come sta. E si scoprirà che è tristemente ridicola. Alleluja, dunque: un canto liberatorio “cold”, non coinvolto, e “broken”, spezzato. Rotto: senza possibilità né volontà di rendenzione.
Teatro Sotterraneo vince l’Ubu quest’anno. Premio che, nella motivazione, ne segnala la grande capacità di innovare un linguaggio, quello della scena, personalizzandolo in maniera netta, caricandolo di nuovi codici di lettura e interpretazione. Ed è vero: perché chi non ha visto mai uno spettacolo di Daniele Villa, Sara Bonaventura, Iacopo Braca, Matteo Ceccarelli e Claudio Cirri esce dalla sala quantomeno spiazzato.
Ma non è solo questione di linguaggio. È il punto di vista sulla realtà a fare di Teatro Sotterraneo una delle espressioni più intelligenti del nuovo teatro. Un punto di vista che non è moralizzatore ma profondamente etico; non è accusatore ma schierato; non sorride, ma provoca la risata; non sceglie il dramma ma è dolente. E infine: non insegue la pesantezza, ma la ritrova sul fondo della lievità con cui prova a descrivere un mondo freddo e spezzato.
Dies irae
5 episodi intorno alla fine della specie
creazione collettiva Teatro Sotterraneo – in scena Sara Bonaventura, Iacopo Braca, Matteo Ceccarelli, Claudio Cirri -scrittura Daniele Villa
luci Roberto Cafaggini – costumi Lydia Sonderegger – graphic design costumi Claudio Paganini – sartoria Laura Dondoli -collaborazione tecnica Loris Giancola
produzione Teatro Sotterraneo/Fies Factory One – coproduzione Centrale Fies, AREA06, OperaEstate Festival Veneto –
in collaborazione con Inteatro/Scenari Danza 2.0 AMAT Regione Marche
col sostegno di TEATRI DEL TEMPO PRESENTE – l’ETI Ente Teatrale Italiano per le Nuove Creatività, Regione Toscana, Comune di Firenze – Assessorato alle Politiche Giovanili
www.teatrosotterraneo.it
www.tamteatromusica.it