“FAST FOOD NATION” DI RICHARD LINKLATER

Siamo ciò che mangiamo

Un film che narra di persone, a partire dal cibo che consumano. I destini di ogni strato sociale della società sono appesi al filo della produzione incessante e brutale di carne per hamburger. Mucche sfruttate, operai sfruttati, giovani privati della speranza di un mondo migliore. Su tutto, le corporations, sempre loro, a determinare oligarchicamente i destini degli altri. Se l’aspetto della denuncia rimane flebile, “Fast food nation” si rivela un forte monito per chi ancora non sa che a sopravvivere saranno sempre gli oligarchi e i gli ignavi.

Ci aveva già provato il documentarista Morgan Spurlock, tre anni fa, firmando il docu-esperimento di Supersize me, in cui lo stesso regista, mangiando per un mese ogni sorta di hamburger e “cibo veloce”, dimostrò quanto il cibo yankee potesse essere dannoso per la salute. Un film che rimase più sulla carta che nella memoria della documentaristica, uno spocchioso esercizio di stile in cui l’arma dell’ironia paradossalmente snaturava il messaggio apocalittico di una nazione che egemonizza anche il gusto e lo esporta nel mondo con il suo fagotto di schifezze innaturali. Nel 1973 Richard Fleisher aveva sconvolto il cinema di fantascienza girando 2022: i sopravvissuti, un film dagli ampi debiti verso il mondo orwelliano e un intreccio da thriller che univa il fascino terrificante di un futuro apocalittico al realismo delle ambientazioni. Nell’anno 2022 un coraggioso Charlton Heston scopriva che l’unico cibo distribuito al popolo, il Soylent (acronimo di soia e lenticchie) altro non era che carne umana in scatola. Così, nel film di Richard Linklater, Fast Food Nation, presentato in concorso al Festival di Cannes 2006, la carne non è ciò che appare, ma è il risultato di un processo insito nelle regole ferree del liberismo alimentare. Già autore dello sperimentale A scanner darkly, dopo aver trasposto l’opera di Philip K. Dick, il regista texano attinge al bestseller Usa di Eric Schlosser: un direttore del marketing di una grande corporation di fast food scopre che l’hamburger di sua invenzione contiene grandi percentuali di feci. Affronterà un viaggio nelle midlands americane dei grandi ranch e delle pianure desolanti per visitare i luoghi di allevamento delle mucche e le grandi aziende di macellazione della carne.

La sceneggiatura di Linklater, scritta a quattro mani con lo stesso autore del libro, sviscera il nucleo centrale del film, la denuncia del dietro le quinte del sistema di alimentazione non solo statunitense, attraverso storie di personaggi agli antipodi, tanto diversi quanto accomunati da una quotidianità che gira intorno alla fabbricazione della carne da hamburger. Ogni strato sociale vi è descritto, con il suo luogo di lavoro corrispondente: il rampante manager, la giovane commessa del fast food, gli operai messicani clandestini sfruttati. L’ingranaggio del ritratto corale si sviluppa quindi su più fronti, ma non riesce abilmente ad amalgamare le storie e i diversi registri che nelle intenzioni della regia avrebbero dovuto confluire verso una denuncia totalizzante e scioccante. Se si escludono alcune scene crude girate in un vero mattatoio, che farebbero diventare vegetariano anche il più convinto tirannosauro, il film non riesce a trovare un filo conduttore coinvolgente.

Dove il film non riesce a convincere è proprio nella sua idea di denuncia: all’uscita dalla sala non ci si sente più arricchiti di informazioni, non si hanno tra le mani validi argomenti di riflessione da trasmettere per passaparola. Le scene che descrivono la vita degli immigrati messicani sono troppo verbose e trasudano retorica, i vari cammeo di star, da uno sprecato Kris Kristofferson a una Avril Lavigne senza arte né parte, lasciano l’amaro in bocca risultando apparizioni troppo slegate dal resto del plot. Solo l’imbolsito personaggio interpretato da Bruce Willis si fa ricordare sia per l’efficacia delle battute (“Nella vita si deve mangiare un po’ di merda prima o poi“) che per una recitazione controllata e sul filo del cinismo grottesco. Diffidare da aggettivi apocalittici e catastrofici: Fast food nation lambisce appena la categoria dello scioccante, insinua un dubbio e niente più: la verità è un boccone duro da digerire. Mai come in questo caso.

Titolo originale: Fast Food Nation
Paese: USA/Gran Bretagna
Anno: 2006
Durata: 114 min.
Sito internet: www.foxsearchlight.com/fastfoodnation/
Regia: Richard Linklater
Soggetto: dall’omonimo romanzo di Eric Schlosser
Sceneggiatura: Richard Linklater, Eric Schlosser
Fotografia: Lee Daniel
Cast: Greg Kinnear, Lou Taylor Pucci, Ethan Hawke, Luis Guzman, Bobby Cannavale, Patricia Arquette, Bruce Willis, Avril Lavigne, Catalina Sandino Moreno
Produzione: Jeremy Thomas, Malcolm McLaren
Distribuzione: Dnc Entertainment
Uscita: 20 Luglio 2007 (cinema)