Come ogni anno, è foltissimo il gruppo di film che gareggiano a Udine per ottenere L’Audience Award, il premio del pubblico. Questa ottava edizione sembra confermare prepotentemente la grande crescita del cinema coreano, sia a livello panasiatico che a livello mondiale. I film provenienti dalla piccola penisola asiatica, infatti, battono i colleghi honkonghesi, cinesi e giapponesi sia per quantità, e questo è facilmente riscontrabile, sia per la qualità generale, concetto altrettanto facilmente opinabile. Diamo, quindi, uno sguardo generale ai film in concorso in questa ottava edizione del Far East Film Festival di Udine.
Come detto, i tredici film coreani formano la più folta rappresentanza nazionale di questa edizione; dodici sono i film honkonghesi, otto (nove contando il Master of Horror di Miike Takashi) quelli giapponesi e, stranamente, trattandosi della terza cinematografia mondiale per numero di produzioni dopo U.S.A ed India, solo quattro quelli cinesi continentali.
Le cinematografie al momento minori si fanno comunque valere: le Filippine puntano sulla comicità di Joyce Bernal col suo D’Anothers, una sorta di Scary Movie prodotto a Manila, e sul fantasy per ragazzi dello stravagante Eric Matti in concorso con Exodus: tales from the enchanted kingdom; la Thailandia gioca le sue carte con i suoi autori di film di genere, dall’horror mistico di Art of Devil 2 e Ghost of Valentine, alla comicità slapstick e nonsense dello strampalato Bangkok loco e di M.A.I.D..
Come detto, la cinematografia coreana contemporanea sembra poter affermare la propria superiorità sulle colleghe asiatiche; questo grazie ad una oculata gestione del rapporto film d’autore-film commerciale. Si va quindi dal bel film corale All for love di Min Kyu-dong, ai divertenti, ma non per questo fatti male, When romance meet destiny Kim Hyun-seok e See you after school di Lee Seok-hoon. Da rimarcare il fatto che molti degli autori coreani presenti in concorso a Udine, sono esordienti o quasi.
La cinematografia honkonghese prosegue invece con la sua peculiare produzione, che va da commedie patinate, sciocchine e piuttosto insulse come The shopaholics di Wai Ka-fai, a blockbuster di genere come Dragon Squad di Daniel Lee, in cui fiigura anche Sammo Hung, per arrivare a splendidi film d’autore come l’Isabella dell’ormai affermato a livello internzaionale Pang Ho-cheung. La peculiarità del cinema di Hong Kong è che ognuna di queste tre categorie, chiamiamole così anche se il termine non calza, ricorda e rimanda a quella successiva e precedente. Da segnalare l’esordio alla regia di uno dei più simpatici componenti della squadra di scrittori-attori di Stephen Chiau, il paffuto Lam Tze-chung che ci ha regalato il bello e divertente I’ll call you.
I due storici rappresentanti del mondo del cinema asiatico, Cina e Giappone, sembrano versare in condizioni ben diverse, almeno dando un’occhiata alla selezione di quest’anno dei film in concorso. Il Giappone mostra due splendidi film di due autori molto diversi: Imprint, dell’acclamatissimo Miike Takashi (presentato non in concorso ma come evento speciale) e Linda Linda Linda del trentenne praticamente esordiente Yamashita Nobuhiro. Due film stupendi in modo diverso, ma che rimarrano entrambi nella mente degli spettatori. Il paese del sol levante sembra, inoltre, sempre quello più attento alla distribuzione internazionale; Shinobi, il mediocre film sui ninja di Shimoyama Ten ed il film corale Always-sunset on third street di Yamazaki Takashi potrebbero facilmente trovare distribuzione internazionale per la loro semplice e diretta fruibilità, nonchè per il loro spettacolare uso della Computer Graphic.
La Cina continentale, come detto, è rappresentata da sole quattro pellicole; tra queste spiccano due ottimi lavori: Gimme kudos, il particolare giallo Huang Jianxin, ed il minimale You and me di Ma Liwen.
Per ultimo vale la pena di sottolineare l’unico film proveniente dalla Cina Nazionalsta, Taiwan, che non ha mancato di soddisfare le aspettative di tutti quelli che attendevano con ansia l’Horror day, ovvero The heirloom di Leste Chen.
Come suo solito, insomma, Udine offre agli appassionati di cinema asiatico amplissima scelta e grandiosa varietà; il Far East non delude, e anno dopo anno attira sempre più aficionados o anche solo semplici curiosi. La speranza per la prossima edizione è quella di confermare anno dopo anno il trend di crescita esponenziale che ha fatto entrare nel 2006 il Far East Film Festival di Udine fra i cinquanta maggiori festival al mondo.