Maria insegna in una scuola serale nella periferia di Napoli. Fra una lettura dei Promessi Sposi e l’esatta coniugazione dei verbi, traghetta la sua classe mista verso il diploma di licenza media.
La sua vita ha già alle spalle un matrimonio naufragato e un ex marito, musicista, che di tanto in tanto dà colore alle sue serata. Ma è in uno dei suoi lunghi pomeriggi al cinema che incontra un giovane ragazzo padre che – a sua volta – la mette incinta per poi sottrarsi alle proprie responsabilità. La nascita della figlia Irene, nata al sesto mese e costretta all’incubatrice, la gettano improvvisamente in uno territorio fino ad allora inesplorato, un’attesa senza colore (lo spazio bianco), nella speranza che la figlia riesca a sopravvivere senza i respiratori artificiali.
Tratto dall’omonimo libro della giovane scrittrice napoletana Valeria Parrella (Einaudi 2008), Francesca Comencini porta sul grande schermo un tema usuale – quello della maternità – in una veste insolita: la nascita prematura di un figlio e la lotta quotidiana per la sopravvivenza. Un film ragionato sulle attese e sulla maturazione psicologica di una madre (Margherita Buy) alle prese con una non nascita, nel degrado urbano e sociale di una Napoli che non nasconde le proprie debolezze. Ma non si capisce come mai un tema così importante e di così forte impatto emotivo (sugli spettatori, sugli attori e sulla stessa regista), si perda in un vuoto narrativo che caratterizza ormai, da almeno un decennio, il cinema italiano.
Nonostante la buona prova di Margherita Buy (che però è sempre, costantemente, la solita Margherita Buy), gli altri personaggi si alternano sullo schermo senza affermare una propria identità o una vera fisionomia, finendo per essere dei comprimari utili soltanto a condire la scena. Un film poco coraggioso (che esplicita tutta la sua debolezza nella scena finale), una madre che non ha nessun tipo di crescita emotiva o attoriale, brucia nell’ora e mezzo del film la grandissima opportunità di parlare di un tema dalle infinite sfaccettature. Un’occasione mancata, un film incompleto tratto da un libro, c’è da dirlo, difficilissimo da rievocare per la sua natura intima e per la cifra stilistica della sua autrice. Ma è proprio qui che nascono i maggiori interrogativi e il rimpianto di non vedere, neanche stavolta, un film che sfati il mito di un cinema casalingo, fatto ad uso e consumo del botteghino.
E le ragioni di ciò risiedono nel personaggio di un magistrato sotto scorta (vicino di casa di Maria), che perde la sua battaglia con la giustizia per un processo spostato in un’altra sede. Oppure nell’irruzione delle forze di polizia all’interno dell’ospedale, per scongiurare un aborto. Negli intrecci amorosi – evitabilissimi – che la Comencini inserisce innaturalmente nel suo film. Il tutto per poter cucire addosso al suo personaggio, l’immobilismo e le superstizioni di un paese allo sbando. Una cartolina con dietro scritto: “quando finirà tutto questo?”. Forse quando il cinema avrà il coraggio di raccontarcelo in maniera meno furba.
Lo spazio bianco
Titolo originale: Lo spazio bianco
Nazione: Italia
Anno: 2009
Genere: Drammatico
Durata: 96′
Regia: Francesca Comencini
Sito ufficiale:
Cast: Margherita Buy, Gaetano Bruno, Giovanni Ludeno, Antonia Truppo, Guido Caprino, Salvatore Cantalupo, Maria Pajato
Produzione: Fandango
Distribuzione: 01 Distribution
Data di uscita: Venezia 2009
16 Ottobre 2009 (cinema)