“Macbeth” di Giuseppe Verdi

Incanta la regia di Robert Wilson

L’attesissima messinscena del Macbeth di Giuseppe Verdi al Teatro – Verdi – di Bologna ha soddisfatto le aspettative: uno spettacolo che è piaciuto sotto tutti gli aspetti, dalla scenografia all’interpretazione, per tutte le 3 ore (o quasi) della sua durata.

La scena rispetta il canone di bellezza algida che caratterizza le opere di Robert Wilson: per la prima volta uno sfondo ultramoderno per una storia medievale, nella struttura e nei personaggi, come il Macbeth. I quattro atti dell’opera di Verdi che cominciano con lentezza e poi terminano con una successione sempre più rapida di eventi fino all’epilogo tragico, sono rappresentati attraverso una serie di elementi geometrici o stilizzati, che, come per incanto, riescono a ricreare quelle atmosfere notturne, sognanti, che sono tra le cifre più affascinanti e difficilmente riproducibili del teatro di Shakespeare; tra queste, la più bella, l’assassinio del re Duncan, o meglio la morte di Duncano per mano di Macbetto, come sceglie di tradurre il libretto d’opera, con una grande lunarancia al centro del palco.

La notte e il buio sono al centro dell’opera; notturne sono le figure che calcano il palco e accompagnano l’ultimo delirio (o il primo momento lucido) di Lady Macbeth, notturno l’agire di Macbeth così come oscura la forza che domina la sua volontà; la luce del giorno serve solamente per prendere atto delle azioni consumate nel buio.

Lo spettacolo vive nei contrasti: tra la scenografia fredda e il calore dell’esecuzione musicale diretta da Roberto Abbado, tra la drammaticità della lirica e i movimenti degli attori sulla scena che occupano lo spazio scenico meccanici come marionette, tra l’ultramodernità dell’opera e l’architettura settecentesca del Teatro; e nei contrasti lo spettacolo acquisisce significato e acquista l’identità propria.

L’attenzione per le mani è un leitmotiv di tutta l’opera; Wilson le mette sotto la lente, evidenziandone i movimenti, giocandoci con la luce; la mano di Lady Macbeth che rimane sospesa quell’attimo in scena prima di scomparire definitivamente; le mani innocenti del coro levate in cielo per chiedere spiegazione delle pazzie dei re e dei signori; le mani di Macbeth che non riesce a lavare dal sangue che ha fatto scorrere. Come a dire che in un dramma nel quale non si fa nient’altro che assistere impotenti al volere del destino che si svolge implacabile, sono pur sempre le mani guidate dalla volontà umana a scegliere di metterlo in atto. Una suggestione, questa, lontana dal “minimalismo antipsicologico” della messinscena di Wilson – la definizione è di Massimo Marino – ma è proprio l’allestimento neutro dello spettacolo a permettere una ampia libertà interpretativa.

La recitazione, come già detto, è meccanica, marionettistica, non si vede una goccia di sangue in un’opera nella quale la violenza e gli ammazzamenti si susseguono con ritmo incalzante; l’uccisione è un gesto, come un altro, della finzione teatrale, come nei giochi infantili.

Il pubblico ha apprezzato la prestazione dei cantanti, facendo concludere ogni atto con lunghi applausi di approvazione. Lady Macbeth (Jennifer Larmore) merita considerazioni a parte per la sua capacità di catalizzare l’attenzione del pubblico ogni volta che entra in scena. Riesce a dominare l’interesse dello spettatore nello stesso modo in cui domina la volontà di Re Macbeth.

Macbeth è andato in scena al Teatro Verdi di Bologna dal 5 al 12 febbraio.

Macbeth Dario Solari
_ Banco Riccardo Zanellato
_ Lady Macbeth Jennifer Larmore
_ Macduff Roberto De Biasio
direttore dell’orchestra: Roberto Abbado
Durata 2ore e 45 minuti
www.tcbo.it
Foto di Rocco Casaluci