Venezia 71. Concorso
L’ultimo giorno di vita di Pier Paolo Pasolini, raccontato attraverso immagini della sua quotidianità e del suo film mai realizzato, “Porno-Teo-Kolossal”. Tra incontri con amici, familiari e colleghi, il film ci accompagna fino al suo tragico epilogo, l’omicidio dell’intellettuale nella notte tra il 1 e il 2 novembre 1975.
Difficile raccontare con efficacia una figura così complessa come quella di Pier Paolo Pasolini, uno degli intellettuali più innovativi e poliedrici del Novecento italiano. Difficile anche parlare della sua morte, ancora al centro di controversie, senza scadere nel complottismo. Abel Ferrara opera una scelta originale, ritraendo Pasolini nel suo ultimo giorno di vita, e alternando il quotidiano con la fantasia, la realtà con la finzione filmica e letteraria.
La prima reazione suscitata dal film è di straniamento. La scelta di alternare di continuo italiano e inglese, senza una soluzione di continuità né una logica precisa, risulta innaturale e spesso fastidiosa, costringendo attori italiani a parlare un inglese innaturale e non eccelso, e Willem Dafoe a esprimersi in un italiano stentato che mal si adatta alla figura che interpreta. Tuttavia, una volta superata questa barriera espressiva, il film si rivela nel suo proposito: offrire un ritratto personale del protagonista, raccontandone il quotidiano e le abitudini.
Ferrara sembra disinteressato a fornire un profilo intellettuale di Pasolini, o a spiegare la sua importanza all’interno del panorama culturale italiano e mondiale. La sua attenzione si concentra invece sul suo pensiero, la sua vita, le sue riflessioni, offrendo un ritratto intimo di Pasolini, in cui il personaggio pubblico lascia posto a quello privato. Le sue idee politiche rimangono sullo sfondo, accessorie rispetto al racconto dell’uomo.
La missione di Ferrara è un mezzo fallimento: Pasolini pecca di superficialità, sorvolando su numerosi aspetti della complessa personalità di Pasolini e scivolando spesso nella banalità. Il film non riesce né a umanizzare il personaggio, nonostante l’inserimento di scene di vita quotidiana, né a trasmetterne la profonda vitalità intellettuale. Il film dà la sensazione di essere incompiuto, un’accozzaglia di appunti e immagini girate per raccogliere le informazioni necessarie a realizzare il film vero e proprio.
Pasolini risulta però interessante a livello visivo, con alcune immagini di rara bellezza e verità, soprattutto nel finale: qui il contrasto tra la luminosa leggerezza delle note del Barbiere di Siviglia e le cupe immagini del ritrovamento del cadavere e del lutto creano un momento di forte intensità emotiva.
Dafoe incarna alla perfezione il protagonista a livello fisico, sopperendo alla scarsa veridicità che l’uso dell’inglese (o, peggio ancora, di un italiano abborracciato) conferisce alle sue battute. Intorno a lui si muove un cast italiano di alto livello, tra cui spicca Ninetto Davoli nella parte di Epifanio/Eduardo de Filippo, unico a non essere forzato all’uso dell’inglese e dunque a non rimanere azzoppato nella sua naturalezza espressiva.
Il film di Ferrara risulta poco convincente perché rimane a metà del guado, indeciso tra l’uso di una lingua o dell’altra, tra raccontare un grande intellettuale per quello che era o cercare di esaltarne l’umanità, tra l’essere un film artistico o un biopic da sceneggiato televisivo.
Titolo originale: Pasolini
Nazione: Francia, Belgio, Italia
Anno: 2014
Genere: Drammatico, biografico
Durata: 87’
Regia: Abel Ferrara
Cast: Willem Dafoe, Riccardo Scamarcio, Ninetto Davoli, Valerio Mastandrea, Maria de Medeiros, Adriana Asti, Salvatore Ruocco
Data di uscita: Venezia 2014