“SOFFOCARE” di Chuck Palahniuk

Una vita strozzata

Non si può respirare a pieni polmoni se sei soffocato dai problemi.

I pensieri soffocano la libertà di movimento e condizionano la libertà di espressione. Così, i sentimenti profondi rimangono incastrati nella gola, inespressi e soffocati e ti tolgono il respiro, per poi essere sputati con violenza, quasi vomitati. E’ proprio come quando mangi e un boccone ti va di traverso e diventi tutto rosso e vedi nero e rischi quasi di morire soffocato. E questa sensazione si trascina per tanto tempo, nel corso della tua vita, che diventa quasi sistematica, anzi no, sintomatica. E allora perché non tradurla in abitudine, in professione, in metafora incarnata nel proprio stile di vita? L’immagine esterna e speculare del proprio caos interiore.
Victor è un ragazzo di ventisei anni, affetto da dipendenza sessuale. Lavora come maschera in un museo all’aperto: una sorta di ricostruzione storica di una piccola comunità dell’Ottocento con vera fatica, vero sudore, vera miseria e vero fetore. Sua madre, anziana e malata, è ricoverata da anni in un ospedale privato. Per sostenere le spese mediche della madre, Victor va a cena ogni sera in un ristorante diverso. Ogni sera finge di soffocare a causa di un boccone andato di traverso. Ogni sera c’è qualcuno che lo salva.

Ogni sera c’è qualcuno che esce dal quotidiano e dall’anonimato diventando improvvisamente un eroe. Grazie alla simulazione di Victor qualcuno riesce a dare finalmente un senso e uno scossone alla propria banale e prevedibile vita. E così, ad ogni anniversario dell’incidente, qualcuno gli invia dei soldi.
Truffatore? Simulatore? Approfittatore? Sì ma non solo: Victor è anche curatore di anime, dispensatore di emozioni, guaritore di ferite. Psicologia inversa, anzi no, controversa.

Il problema è che quando entri troppo nel personaggio che ti sei costruito, a lungo andare non riesci più a distinguere il confine tra finzione e realtà. Abituato a fingere sempre non sai più se le emozioni che provi sono autentiche o meno, perdi te stesso, vai in crisi di identità. E così Victor si trova incastrato in un circolo vizioso, da lui stesso costruito, che ormai è diventato la sua vita. Per ogni aspetto la vita di Victor è limitata, costretta, incastrata e soffocata dalla dipendenza. Per mantenere la madre in ospedale Victor si è inventato la messinscena del boccone di traverso. Nella vita affettiva non riesce ad amare profondamente nessuno, schiavo com’è della propria dipendenza sessuale. Sul piano economico riesce a mantenersi a stento con un mestiere degradante che, ironia della sorte, lo costringe a recitare un personaggio. Come se non bastasse, la malattia mentale della madre porta la donna a non riconoscere più il suo stesso figlio: siamo all’apoteosi. Tutti questi bocconi amari, ogni giorno che passa, diventano sempre più difficili da mandare giù. E qualche volta vanno proprio di traverso. Solo alla morte della madre Victor può sentirsi libero di riflettere seriamente su se stesso. La sua vita non autentica perde così completamente di significato e il protagonista può iniziare, per la prima volta, a respirare davvero. Finalmente un sospiro di sollievo.

Chuck Palahniuk, Soffocare, 2002, Arnoldo Mondatori Editore S.p.A., Milano, pag. 280, € 8,00.