Concorso
Succede sempre. A 100 anni di distanza dalla decisiva e, si sperava, conclusiva battaglia di Dannoura, i due clan dei Genji, i bianchi, e degli Heike, i rossi, tornano a scontrarsi. Questa volta la ragione del contendere è ben precisa: la leggenda narra che in un piccolo villagio di montagna sia nascosta una grandiosa quantità d’oro protetta da una maledizione. I Genji e gli Heike si recano sul posto, radono al suolo il villaggio e si preparano a ribaltarlo come un calzino per trovare l’oro. A modificare gli equilibri ci pensa un silenzioso pistolero senza nome appena arrivato in città, possessore di un talento sovrumano, con la pistola in mano; lo sconosciuto dovrà decidere alla svelta da che parte stare.
Tra una ripicca e un tradimento, un’uccisione a sangue freddo e una tortura, tra epiche battaglie e piccole scaramucce si arriva finalmente allo showdown finale: lo sconosciuto si batterà con Yoshitsune (il boss dei bianchi, abilissimo guerriero, contrario al filosofeggiare dei samurai e favorevole ai meri cazzotti), Kiyomori (ottuso e muscolare capo dei rossi, che vuole farsi chiamare Henry in onore di Enrico VI) e con la dea guerriera, allieva del mitologico pistolero Piringo, decisa a salvare le sorti del suo villaggio.
Takashi Miike ritorna a Venezia dopo l’esperienza di tre anni or sono con Izo, e dell’anno successivo con Yokai Daisenso, e ritorna in grande stile con un’attesissima produzione ad alto budget e per la prima volta inserito nel concorso ufficiale (scelta coraggiosa questa, che va lodata). Questo suo nuovo lavoro potrebbe essere l’inizio di un esperimento di rivisitazione di generi prettamente nazionali (il sukiyaki è un piatto tipico della cucina nipponica); se con questo film il regista nipponico si proponeva di aggiornare alla giapponese lo spaghetti western (che nella terra del Sol Levante diventa maccaroni western), c’è già l’idea di proporre un Sukiyaki Emmanuelle e un Sukiyaki Amazon. Staremo a vedere. Per il momento, come prima esperienza nella riscrittura in chiave giapponese dello spaghetti western, Miike ha pienamente raggiunto il suo obbiettivo, sfornando una pellicola omogenea, un lavoro in cui il risultato finale è maggiore della somma delle parti, le quali però restano riconoscibili e isolabili.
Miike unisce sotto un unico tetto l’ironia, la spensieratezza e l’eroismo spiccio dello spaghetti western, aggiungendo la crudezza, il realismo e la stilizzazione registica dello storico genere giapponese del Jidaigeki, e più in particolare del sottogenere Chambara. Al tutto si aggiunga il talento registico di quello che probabilmente è metteur en scène fra i più eclettici del panorama cinematografico internazionale, la possibilità che ha avuto di sfruttare un’importante produzione e la demenzialità che da sempre contraddistingue alcuni tratti di questo regista. Poco importa se per molti questa pellicola suscita interesse esclusivamente per la presenza, assolutamente esilarante peraltro, con un cammeo nella parte di Piringo, di Quentin Tarantino. Quest’ultima fatica di Miike è un grandioso film, meritevole di interesse a prescindere da chi compare in un cammeo. Folle, citazionista e originale al tempo stesso, ironico e tragico, melodrammatico e splatter, violento e dolce, stilizzato ed epico, il nuovo film di Miike è sorprendentemente completo e reclama a gran voce che gli venga assicurata la dignità cinematografica che merita.
Titolo originale: Sukiyaki Western Django
Nazione: Giappone
Anno: 2007
Genere: Western
Durata: 121′
Regia: Takashi Miike
Sito ufficiale: www.sonypictures.jp/movies/…
Cast: Quentin Tarantino, Hideaki Ito, Kaori Momoi, Yoshino Rimura, Masanobu Ando, Koichi Sato, Yusuke Iseya
Produzione: Dentsu Productions Ltd., Geneon Entertainment, Sedic
International Inc., Sony Pictures Entertainment, TV Asahi, Toei Company
Distribuzione:Data di uscita: Venezia 2007