Emma Dante è una delle più brave registe contemporanee e dopo il successo di “La Scimia” al 36° Festival Internazionale del Teatro, si riconferma pienamente con il nuovo spettacolo “Vita Mia”, presentato ieri al Centro Culturale Candiani di Mestre dalla Compagnia Sud Costa Occidentale, all’interno della rassegna 2004-2005 del Teatro Aurora.
Spettacolo di appena cinquanta minuti, “Vita Mia” è intensissimo, com’è lo stile della regista palermitana, e ha trovato nell’auditorium del Candiani una location molto efficace, con la scena in basso a centro sala e gli spettatori attorno sulle gradinate laterali.
Gli elementi scenici dello spettacolo sono pochissimi, e dal forte richiamo simbolico: un letto, dei lumini e, immancabile, il crocefisso, simbolo della forza della religione cattolica, così radicata nel nostro paese e soprattutto nella realtà siciliana che descrive la Dante.
I personaggi, interpretati da attori giovani e bravissimi, sono quattro: i fratelli Gaspare, Uccio e Chicco, e la loro madre, una vedova che li ha cresciuti con il solo aiuto della fede. Non vi è una storia, o un racconto sequenziale, tutto si svolge in un’unica lunga scena “fuori dal tempo” e capiamo ciò che è accaduto dai loro dialoghi e comportamenti, in un mix tra ricordo, realtà e immaginazione.
Chicco, il minore dei fratelli, è morto tragicamente, cadendo dalla bicicletta. La madre veste amorevolmente il suo corpo con un abito bianco, simbolo della purezza, ma non riesce ad accettare la sua scomparsa. Invano cerca di rianimarlo, davanti agli occhi degli altri figli che non sanno come comportarsi: a tratti cedono anche loro all’illusione che Chicco possa tornare in vita e, rimembrando i momenti passati insieme, ridono e scherzano come prima, quando a carnevale si travestivano da tre moschettieri o da Zorro. E Chicco nella loro immaginazione, e grazie alla finzione del teatro, sembra tornare in vita.
La madre si leva il vestito nero da lutto e mette quello rosso che piaceva tanto al figlio. Solleva il corpo di Chicco e immagina che questo possa camminare, tornare a vivere. L’abbraccio tra il corpo materno e quello adorato del figlio, si snoda in una specie di danza che si conclude nel letto mortale dove la madre si distende, cercando di prolungare il più possibile il momento della definitiva separazione, ed evocando così un ritorno alle origini dell’uomo, alla nascita, all’amore totale di una madre per i suoi figli.
“Vita Mia” è uno spettacolo forte, suggestivo, commovente, dove il dolore per la perdita di un figlio e di un fratello, e l’inaccettabilità della morte contrastano con l’allegria, la spensieratezza e la naturale immortalità della vita, due facce della stessa medaglia, rappresentate entrambe con completezza da Emma Dante.
Il modo di fare teatro della Dante è pura emozione. Il linguaggio, il palermitano, ma anche quello non verbale dei colori, nero, rosso, bianco, e l’espressività degli attori: tutto converge e fa vibrare le corde emotive dello spettatore. La regista però sa emozionare e commuovere senza agitare, impressionare o annoiare: semplicemente mette in scena la vita, attraverso personaggi comuni che con la loro realtà, la loro espressività, i loro gesti e la loro parlata vernacolare, ne celebrano l’essenza stessa.
Emma Dante quindi in “Vita Mia” non insegna, non racconta: parla direttamente all’anima dello spettatore e la scuote; in modo catartico la libera dai pensieri della quotidianità e la mette a nudo, la pone allo specchio, la riporta alle origini, ai sentimenti primari, al senso della vita e la mette di fronte all’ineluttabilità della morte. Quella morte che sempre evitiamo eppure fa parte di noi, è dappertutto, perché è parte della vita stessa.
VITA MIA di Emma Dante; Con Ersilia Lombardo, Enzo di Michele, Giacomo Guarnirei, Alessio Piazza; Direzione organizzativa di Fanny Boquerel; Luci di Christian Zucaro; Regia di Emma Dante; Produzione: Compagnia Sud Costa Occidentale, Co-produzione Romaeuropa Festival 2004, Festival Castel dei mondi/Andria, Scènes étrangères, La Rose Des Vents/Lille métropole