Attenti a quei due registi: i fratelli D’Innocenzo al loro primo lungometraggio sbarcano nientemeno che alla Berlinale e presentano, nella sezione Panorama, un film drammatico e commovente.
La trama è tesa e senza sbavature: si svolge nella periferia di una Roma dove la cronaca ci informa solo di fatti eclatanti, come una testata data da un malavitoso a un giornalista, ma nessuno racconta che vite stanno dietro a questa società malata e corrotta. Lo raccontano invece questi registi trentenni e autodidatti che hanno saputo prendere due ragazzotti, Manolo e Mirko, e sono riusciti a leggere dentro la loro vita, nella loro anima, fino a farli diventare simboli di una generazione tradita e persa. Tradita dalla scuola, che non riesce a coinvolgere e a appassionare; dalla famiglia, troppo impegnata ad arrabattarsi; dagli adulti in genere, la cui avidità non lascia scampo a nessuno. Persi alla società, al progresso, al futuro.
Sembra di assistere a molto di più che a un parallelo di Gomorra, bensì a una tranche Pasoliniana, con quella umanità giovanile che emerge carnale e esuberante, con speranze, aspirazioni, sogni: tutto irrimediabilmente perduto in una periferia inospitale, quasi fatta apposta per non poter migliorare la vita.
Bravissimi i protagonisti, giovani e molto espressivi: Andrea Carpenzano (Manolo) e
Matteo Olivetti (Mirko), con un cameo di Luca Zingaretti, nel ruolo del malavitoso Angelo.