Si è concluso al Castello dei Carraresi di Padova il Ludwig Van Festival con l’esecuzione della Nona Sinfonia di Beethoven, prosecuzione dell’intensa ed entusiasmante stagione musicale dell’Orchestra di Padova e del Veneto, la prima dall’insediamento del direttore artistico e musicale Marco Angius. Sulle annotazioni rilevate ad ogni occasione di questo lungo viaggio in musica, l’evento si propone custode esclusivo degli elementi che ciascun appuntamento ha contribuito a far vibrare nello spazio e che ora rispondono tutti insieme alla conformazione di questo grande evento finale. Grande prima di tutto nei numeri vista la smisurata affluenza che giovedì ha esaurito gli ottocento posti disponibili, lasciando fuori un’interminabile coda di fiduciosi che fino all’ultimo momento mantennero viva la sperava di poter riuscire ad entrare.
Sulla scia delle precedenti tappe del Ludwig Van Festival, l’ultima Sinfonia di Beethoven completa il prospetto timbrico architettato da Marco Angius sulle caratteristiche della sua orchestra, in accordo a microinterventi a livello di fraseggio, dinamica e metronomo, atti ad esaltare maggiormente il volume di questo capolavoro assoluto che la storia della musica ci consegna. Nonostante lo spazio all’aperto abbia in parte frenato l’impatto del movimento iniziale, una maggiore concentrazione, anche da parte del pubblico, ha acconsentito al secondo movimento di ristabilire un legame diretto tra l’esecuzione in corso e le precedenti otto già dall’iniziale incipit ritmico che sembrava nutrirsi dei ripetuti sforzati uditi la scorsa settimana all’inizio dell’Ottava Sinfonia. Su questo binario si distende la liricità dell’Adagio molto cantabile che apre la scena all’intervento del coro invitato dai quattro solisti dell’Accademia del Teatro alla Scala, scenicamente disposti in sospensione sui due lati che, parallelamente, delimitano lo spazio dell’orchestra. Tra tutti, le voci maschili si impongono per maggior incisività. Così il tenore Sehoon Moon e il baritono Simon Lim avviano un’ideale connessione alla vocalità del Coro del Friuli Venezia Giulia che, per compattezza e forza espressiva, spinge il verso lirico di Friederich Schiller ad elevarsi a simbolo universale.
Per chi ha avuto modo di partecipare alla prova generale all’Orto Botanico, si è trovato presto testimone di un inaspettato colpo di scena, la presentazione del programma del concerto da parte del compositore Salvatore Sciarrino, tornato a Padova dopo le sue Lezioni di suono per assistere curioso all’atto finale dell’integrale beethoveniana, attirato dal forte richiamo profuso dallo spirito laboratoriale di questo Festival. Così, da ascoltatore a protagonista estemporaneo, Sciarrino ha contribuito ad avvicinare maggiormente il pubblico in un dialogo aperto con l’opera, lasciando presagire l’unicità dell’operazione che si stava per compiere. Ma la presenza del compositore tra il pubblico della Nona Sinfonia non va colta come un evento eccezionale, bensì va considerata in quanto sintesi di una rete continua di curiose partecipazioni da parte di affermate quanto originali personalità del mondo della musica che hanno affollato le sale lungo tutti gli appuntamenti della stagione musicale – strumentisti, compositori e critici di chiara fama misti a studenti ed abbonati – che, sollecitati dall’offerta musicale proposta, hanno probabilmente trovato un motivo di interesse vivo nell’interazione e nella condivisione degli eventi in programma, riportando lo spazio concerto ad adempiere nuovamente alla sua funzione di indispensabile polo d’attrazione sociale, oltre che culturale, straordinario punto di forza di una dinamica stagione musicale.