Panorama
Dialoghi scarnissimi, fotografia da videoclip, ironia e solitudine nel nuovo eccezionale film di Royston Tan, lungometraggio intimista del regista singaporese che prosegue il suo viaggio all’interno della metropoli e dell’animo umano. Presentato nella sezione Panorama ha ottenuto un lungo applauso da parte del pubblico.
Una casa vuota, la presenza dell’assenza, memorie e sofferenza. Le 4:30 rappresentano il luogo della fuga dalla realtà, il tempio della speranza perduta ma, allo stesso tempo, il momento in cui “è troppo tardi per dormire e troppo presto per alzarsi”, l’attimo in cui l’essere soli diventa disarmante. Royston Tan racconta l’inusuale relazione fra un ragazzino cinese e un giovane coreano. Zhang Xiao Wu ha undici anni e qualche problema a scuola. Vive a casa di Jung, trasferitosi a Singapore con il chiaro intento di uccidersi. All’inizio Zhang cerca di irrompere nella solitudine dell’uomo a piccoli passi: fa irruzione nella sua camera da letto mentre dorme, cerca nel buio della stanza (aiutato dalla flebile luce di un telefonino) fotografie e indizi, gli si sdraia affianco nel sonno in cerca di conforto. Ma Jung è sempre ubriaco e il suo unico desiderio è quello di farla finita. Il ragazzino non gli dà tregua e continua la dispettosa ricerca per trovare un punto di contatto, un legame che li sottragga alle loro reciproche solitudini. Solitudini appuntate e disegnate giorno per giorno su un diario.
Privo del conforto di una madre, che lo chiama di tanto in tanto dai suoi viaggi per affari, distratto a scuola e deriso dai compagni, Zhang vede nella figura di Jung l’unica via di fuga. Scoprirà a poco a poco la presenza, soltanto accennata, di una donna, forse causa principale delle sofferenze del giovane. I paesaggi metropolitani sono tutti interiorizzati nella mente di chi guarda, nulla trapela dallo schermo, se non un senso di disagio e di malinconia.
Royston Tan è eccezionale nel creare un’atmosfera perfetta, priva di dialoghi ma carica di sensazioni e colori. Gioca con gli sguardi, i movimenti degli occhi, aiutato dalla recitazione dei due bravissimi attori. E’ altrettanto pacato nel disseminare di piccoli indizi la narrazione, portando coerentemente al risultato finale: un tragico quanto dolce epilogo di due vite spezzate dai ritmi alienanti della metropoli, dimostrando che la depressione non ha età e che è spesso condizionata da un ambiente circostante cinico e deviante.
Il ventinovenne regista singaporese aveva già entusiasmato Venezia nel 2003, portando al Festival il bellissimo 15-fifteen (inizialmente un cortometraggio di 20 minuti) che ruota sulle fragili esistenze di cinque adolescenti alle prese con l’alcool, le droghe e la criminalità, film che ha ricevuto diversi premi internazionali. “4:30 ruota sulle prospettive future di un giovane e della sua memoria. I ricordi adolescenziali non sono mai reali, sono costruiti, interpretati”. L’ottica matura di un giovane ma già grandissimo cineasta.
Titolo originale: 4:30
Nazione: Singapore
Anno: 2006Durata: 93 min
Director: Royston Tan
Cast: Xiao Li Yuan, Kim Young Jun
Section: Panorama