“Le fossé (The Ditch)” di Wang Bing

Lager cinesi

Venezia 67. Concorso
“Le fosse” (“The Ditch”) di Wang Bing è il film in concorso a Sorpresa della 67ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Il film, ambientato alla fine degli anni ’50, racconta la cruda storia di migliaia di cittadini cinesi, accusati di opposizione al regime, furono deportati nel campo di Jiabiangou, nella Cina Occidentale. A causa delle fatiche disumane a cui venivano sottoposti, delle condizioni climatiche estreme e incessanti e delle terribili penurie di cibo, molti morirono, di notte, nei fossi in cui dormivano.

Il regisita, Wang Bing, esperto documentarista contemporaneo, ha ripercorso uno dei momenti più importanti e duri della storia cinese, mantenendo vivo il lato disperatamente umano, di coloro che vivono, e hanno vissuto, sulla propria pelle, le conseguenze tragiche di quel periodo storico.

”Tra il 2005 e il 2007 – spiega il regista – ho intervistato molti dei sopravvissuti al campo di Jiabiangou e ho così potuto ascoltare direttamente da loro il ricordo di quell’esperienza. Le loro storie, assieme al romanzo Addio, Jiabiangou di Yang Xianhui, sono state la base per la sceneggiatura del mio film”.

Le Fossé, lucidamente, con toni espressivi fatti di ocra e sabbia, riporta alla memoria quando, il governo cinese, alla fine degli Anni ’50, condanna ai campi di lavoro forzato migliaia di cittadini considerati dissidenti di destra a causa delle loro attività passate, di critiche contro il Partito Comusista o semplicemente a causa della loro provenienza sociale e familiare.
Deportati, per essere rieducati nel campo di Jiabiangou nella Cina Occidentale, nel cuore del Deserto del Gobi, lontani migliaia di chilometri dalle loro famiglie e dai propri cari, circa tremila intellettuali di estrazione basso e medio borghese dalla provincia del Gansu furono costretti a sopportare condizioni di assoluta povertà, degrado e umiliazione.

A causa delle fatiche disumane a cui venivano sottoposti, delle condizioni climatiche estreme e incessanti, delle insopportabili penurie di cibo, molti morirono, di notte o nei fossi in cui lavoravano.
I cittadini cinesi, ritenuti dissidenti, furono finalmente riabilitati solo tra il 1978 e il 1981.
Bing, per mezzo di un montaggio documentaristico, asciutto, mai invadente, crea un dialogo con il pubblico, che osserva il destino agonizzante di questi uomini.
Il risultato è un resoconto coraggioso di un’umanità spinta ai limiti più espremi.

Le Fossè, con il suo linguaggio improntato al realismo, con una dimensione fredda e sofferente e una dimensione sentimentale, risalta e impone la tragicità degli eventi.
La prima metà del film mostra i personaggi mentre aspettano rassegnati di morire di fame e fatica nel deserto del Gobi oppure cercano di sopravvivere in tutti i modi possibili, mentre da casa arrivano le sentenze di divorzio chiesto dalle mogli.
Poi, nella seconda metà del film, l’arrivo di una donna, che cerca disperatamente il corpo del marito, li riporta a una scossa fatta di tensione, per uscire dalla desolazione e scappare alla morte.
Rifiutando di rassegnarsi, alcuni tentano la fuga, avvicinandosi di più alla morte.

Il regista, con un’innocenza che attanaglia il cuore (l’importanza della sepoltura, la restituzione del corpo, il grido disperato della donna) affronta la sottomissione e la sopportazione affrontata dal popolo cinese.