Diamanda Galàs è uno di quei fenomeni difficile classificare in uno schema di generi ben definito: cantante e pianista di formazione accademica, attiva come jazzista d’avanguardia a partire dagli anni ’70, performer e attivista dalle proposte originali e taglienti che stupiscono e affascinano ai giorni nostri. L’eclettica artista greco-americana, affezionata al pubblico italiano sin dalle sue prime esibizioni, ritorna dopo sei anni al MITO Settembre Musica (ex Torino Settembre Musica) per un occasione quanto mai speciale.
In anteprima per l’Italia, la Galàs presenta infatti un nuovo ciclo di brani, dal titolo The Refugee: il concept prevede una selezione di standard blues, riletture di brani d’autore e alcuni pezzi inediti della stessa artista. Tutti i brani sono incentrati sulla figura dell’esule, sul suo background culturale e storico, sulle problematiche psicologiche correlate; si tratta indubbiamente di un tema di scottante attualità. Già in passato la Galàs aveva trattato tematiche simili: nel suo CD Defixiones, Will and Testament (Mute records, 2003) l’artista aveva evocato le atrocità del genocidio greco armeno, perpetrato in Asia minore da parte dall’establishment turco, a cavallo tra il primo e secondo conflitto mondiale. Tale riflessione traeva origine dalla propria storia familiare, ma l’odierna proposta della Galàs è però lontana da un intento archeologico o puramente biografico: ritornare a queste tematiche nel 2011, nella ricorrenza dell’11 settembre, arricchisce le tematiche trattate di una nuova valenza.
Lo scontro tra culture e l’emarginazione del diverso sono infatti problematiche odierne di difficile elaborazione, ma sulle quali anche l’arte è chiamata a proporre una propria riflessione. I mezzi artistici della Galàs si dimostrano all’altezza di un compito tanto gravoso: l’artista possiede una tecnica pianistica spericolata – ispirata al free jazz di Cecil Taylor ma mitigata da un gusto che tradisce una formazione classica – e uno strumento vocale dalla capacità analitica e dall’estensione incredibile. Già dal primo brano proposto al pubblico milanese, un inedito su testo di Cesare Pavese (The Cats Will Know), l’artista da prova della propria duttilità: in questo, mentre pochi accordi ritmati imitano il ticchettio della pioggia («Ancora cadrà la pioggia sui tuoi dolci selciati»), la voce sviluppa melismi struggenti che ricordano la liturgia greco-ortodossa. Seguono un riadattamento di un canto popolare greco e un brano inedito, entrambi legati al tema dell’esilio (To the Port; Anoix petra) nei quali la Galàs fa sfoggio della propria vena improvvisativa, ricca di cambi d’umore bizzarri e repentini. Uno dei momenti più ispirati della serata è Amsterdam, cavallo di battaglia del cantautore Jacques Brel, dove il tono dell’interprete si fa inaspettatamente giocoso e spavaldo – il folto publico dell’Auditorium è particolarmente entusiasta in questo momento – mentre con i brani All Alone (inedito) e In Despair (Έν απογνώσει; testo del poeta greco Kostantinos Kavafis) si ritorna in atmosfere meditative e sofisticate, ma non per questo meno brillanti.
La Galàs, fino agli anni ’90 assai legata alla sperimentazione e all’elettronica sembra aver trovato nel connubio voce-pianoforte un mezzo congeniale per l’espressione e la descrizione delle situazioni più disparate: per questa scelta c’è chi lamenta una certa prevedibilità dell’artista negli ultimi anni, ma per contro la qualità delle sue performance dal vivo continua a stupire sia nuovi adepti sia i veterani del genere. A dimostrazione di ciò il concerto si è chiuso trionfalmente con Heaven Have Mercy (chi può permettersi di reinterpretare Edith Piaf oggi?) e dopo due bis acclamatissimi (tra cui una rilettura magistrale dello standard blues The Thrill Is Gone) il pubblico milanese ha lasciato l’Auditorium, ancora elettrizzato e incredulo.
«The Refugee»
voce e pianoforte Diamanda Galàs
Milano, Auditorium Fondazione Cariplo, 11 settembre 2011.