“Lasciati Andare” di Francesco Amato

Dopo alcuni lungometraggi e documentari che hanno riscosso premi e mietuto successo a diversi Festival, Francesco Amato dirige una divertente commedia, a dire il vero unica per essere il primo ruolo al cinema fisicamente comico di Toni Servillo.

Elia Venezia (Servillo) è uno psicanalista ebreo, luminare nella sua professione. Annoiato, austero, tirchio e sedentario vive sullo stesso pianerottolo della quasi ex moglie (sempre un’impareggiabile Carla Signoris).

Quasi ex perché Elia non ha voluto “sprecare” i soldi per un avvocato divorzista, perché si fa fare ancora il bucato da lei e i venerdì vanno all’opera insieme. Un giorno a causa di un malore, Elia viene messo a dieta dal medico che gli consiglia attività fisica. E così l’uomo si iscrive in palestra dove conosce l’estrosa ed estroversa personal trainer Claudia (Veronica Echegui).

Claudia, tra un allenamento e l’altro, trascina Elia nella sua scombussolata vita, con figlia, coinquilina e conoscenze poco raccomandabili. Proprio l’incontro con Ettore (sempre mostruosamente impeccabile Luca Marinelli) una delle amicizie di Claudia, rischia di far finire Elia in un guaio più grande di lui. Come se non bastasse, l’ancora amata moglie ha iniziato a uscire senza di lui.

Un po’ per lo sport, un po’ per la vita frenetica di Claudia, un po’ per incontri poco raccomandabili, Elia a inizia a vivere in modo pericolosamente più leggero. Entrambi, utilizzando la loro professione, si danno una mano.
Perché è il significato di questo film è tutto nel titolo. Lasciati Andare è un invito a vivere abbandonandosi anche alla leggerezza, accantonando la rigidità per qualche brivido di gioia.

Il film nasce da un’idea di Francesco Bruni e dalla volontà di quest’ultimo del regista di realizzare un un film brillante sullo scontro mente/corpo. Scritto da Francesco Bruni, Davide Lantieri e dal regista, Lasciati Andare è una spassosa commedia italiana dall’atmosfera dei classici di Woody Allen e dall’ironia che ricorda tanto il marchio di fabbrica di Graucho Marx.

Un ottimo lavoro, un’ ottima scrittura per una regia coraggiosa che ha diretto un cast di pezzi da novanta del cinema italiano. Ogni ruolo è disegnato con equilibro e gli attori sembrano perfettamente a loro agio, con la giusta distanza tra distacco emotivo ed empatia, davanti alla macchina da presa.