Il carcere di Mortana, nel Nord Italia, verso il confine, è in dismissione. I carcerati stanno per essere trasferiti in altre strutture di detenzione e gli agenti carcerari saranno destinati a nuove sedi.
Per un disguido burocratico, una dozzina di detenuti deve rimanere lì, in attesa che giunga comunicazione sul nuovo trasferimento.
Condotti in una rotonda centrale, i detenuti e i pochi agenti rimasti convivono in una situazione tesa ed esasperante, ma anche nuova e, forse, meno estrema o solitaria.
Scritto dal regista con Leonardo Di Costanzo, Bruno Oliviero e Valia Santella, attraverso la fotografia di Luca Bigazzi, che coglie l’essenza delle mura e dell’animo dell’uomo, e la musica di Pasquale Scialò, che diventa protagonista insieme agli attori, Ariaferma è un film dall’ammirevole riflessione sul senso del carcere.
Di Costanzo nel filmare descrive con asciutto rigore i rapporti tra prigionieri e guardie: mostra, racconta, osserva, ma non giudica mai e non porta lo spettatore a farlo. Non ci sono linee di confinte, non è un film politico.
In scena viene rappresentato lo scontro ideologico, non fisico. Nell’attesa, che diventa sospensione, del trasferimento, sono tutti rinchiusi, agenti penitenziali compresi. E la coscienza morale prende il sopravvento sulla durezza del carcere e del destino beffardo.
Nel finale, durante una cena, come fosse “l’ultima cena”, non ci sono armi o barricate, ma intorno a quel tavolo, il ritmo è talmente serrato e angoscioso, la musica avvincente, da lasciare senza fiato.
Toni Servillo e Silvio Orlando sono da applausi a scena aperta.