Tratta dal best seller di Antonio Scurati del 2018, M – Il figlio del secolo è una serie tanto attenta alle coordinate cronologiche che fornisce quanto noncurante dell’accuratezza storica della messa in scena delle stesse, optando per una veste estetica goticheggiante, a tratti un po’ kitsch, che è il suo vero punto di forza. In anteprima integrale qui a Venezia, in vista dell’uscita in esclusiva su Sky il prossimo anno.
Dalla fondazione dei Fasci nel 1919 fino all’ammissione del delitto Matteotti nel 1925, in 8 episodi si raccontano le vicende, politiche e non, di Benito Mussolini – un irriconoscibile Luca Marinelli – uomo ancor prima che leader autoritario, preda di manie di grandezza, come anche di complessi di inferiorità nei confronti di D’Annunzio – Paolo Pierobon –, e della sua sconfinata libido.
Ci voleva un regista come Joe Wright, avvezzo a riportare in vita i fasti di epoche passate con il suo gusto barocco per la grandeur – si pensi a Anna Karenina (2012) o al più recente Cyrano (2021) –, per riuscire nell’impresa di rendere cinematograficamente coinvolgente un testo originale che, per quanto accessibile rispetto alla media dei romanzi storici, poneva comunque il problema della narrazione in terza persona e delle frequenti digressioni. Problema che, in fase di scrittura, è stato aggirato da Stefano Bises e Davide Serino – duo collaudato dalla collaborazione sulle serie Esterno Notte e Il re, entrambe del 2022 – con la scelta di moltiplicare ulteriormente i punti di vista, e di rompere la quarta parete facendo interloquire i personaggi direttamente con lo spettatore: espediente che, oltre a creare un effetto di complicità col quale mettere il pubblico dinanzi al suo stesso sadismo, offre una comoda sponda per dare qualche informazione in più sugli eventi in corso senza appesantire la narrazione.
Il tutto, in un’atmosfera che non ha niente a che vedere con l’austerità del Primo Dopoguerra italiano, ma che proprio per questo convince: Milano è ritratta come una metropoli vittoriana, nelle cui viscere si nascondono bettole e bordelli, contrapposta agli sfarzosi palazzi del potere, rilucenti d’oro e di arredamenti degni degli zar. Lo stesso vale per la rappresentazione della violenza, decisamente più gore e pirotecnica di quanto si sia abituati a vedere nella serialità nostrana, ma che proprio per questo riesce a rendere l’idea della gratuità della ferocia fascista.
M – Il figlio del secolo è insomma una serie in grado di accattivarsi una grossa fetta di pubblico non solo in patria, ma anche all’estero, i cui standard, in termini di stile di recitazione, scenografia, effetti speciali e tensione drammatica, sono in linea con quelli delle grandi produzioni internazionali. Speriamo solo che non resti un esperimento isolato.