In una prestigiosa scuola del New England, Robert, uno studente particolarmente introverso e tormentato, riprende per caso la morte per overdose di due compagne più grandi che conosceva a malapena, pur ammirandole per la loro bellezza. Le loro vite diventano il soggetto di un video che secondo il preside dovrebbe aiutare l’elaborazione del lutto collettivo.
Nonostante abbia subito l’impatto psicologico dell’incidente più di tutti, il progetto è affidato proprio a Robert, per la sua nota passione per i video. La fascinazione viscerale del ragazzo per le immagini sconfina presto nel doloroso e ossessivo ricordo della morte delle compagne e nella volontà di capire il perché delle cose in un mondo che gli sembra insensato ed indifferente. Mentre un’atmosfera di paranoia e di malessere si diffonde sia tra gli studenti che tra gli insegnanti, Robert capisce di non potersi fidare di nessuno, non della sua prima ragazza, non del compagno di stanza, forse nemmeno di se stesso.
Antonio Campos è un giovane regista ventiquattrenne, di origine newyorkese, che ha diretto più di 20 cortometraggi e documentari e di recente ha completato una sequenza per The Shins Sleeping Lessons.
Afterschool nasce da un’idea che aveva preso forma da Buy it now –cortometraggio di Campos del 2005 – su un’adolescente che vende la propria verginità su eBay, sui giovani che prendono droghe e non comunicano con i propri genitori e che pagano un caro prezzo per la propria apatia e disattenzione.
Afterschool, presentato allo scorso Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard, è un film lungo, troppo, ossessivo e ossessionante, dove l’occhio della telecamera e il mondo di internet tengono sotto osservazione, ma anche sotto sorveglianza, gli studenti e il mondo che gravita attorno a loro. Campos ha raffigurato un mondo studentesco subdolo di un regime tecnologico.
Girato su un unico piano sequenza, con una camera digitale, l’idea base di questo primo lungometraggio di Campos potrebbe anche essere apprezzabile: squarciare il velo di un realtà che emittenti televisive possono edulcorare e alleviare; non si scopre nulla di nuovo, ma si scrosta quella patina bon ton di superficie che nasconde una triste crudeltà e una semplice superficialità.
Il difetto è che questo modo narrativo, coraggioso, quasi spavaldo, ostruisce il fine, eccedendo con una ricerca estetica, che non vuole esserci, ma alla fine, con o senza consapevolezza, prevale.
Secondo quando detto dal regista: “Prima dell’era della tecnologia digitale, l’occhio di Dio era soltanto un’astrazione; ora, invece, una camera digitale, portata tranquillamente in tasca, può filmare in qualsiasi momento qualunque cosa che venga condivisa con il resto del mondo.
Attraverso il personaggio di Robert, ho voluto esaminare la mia stessa fascinazione, propria di qualsiasi osservatore e documentarista. Come film maker, la mia tecnica preferita è quella di lasciare liberi gli attori di girare intere scene davanti alla camera, in unico piano sequenza. E fare in modo che la scena, in questo suo dipanarsi, in modo quasi organico, abbia una sua autenticità, una sua perfezione nell’approcciarsi alla realtà. Mi sono reso conto che, in tal modo, si può arrivare a riprendere un momento determinante, sia questo commovente o scioccante.”
La costruzione di Afterschool, la sottolineatura pesante e ripetitiva di un mondo spiato da vicino, non convince totalmente proprio per questa vicinanza, che pare artefatta e guidata verso una direzione imposta.
Titolo originale: Afterschool
Nazione: U.S.A.
Anno: 2008
Genere: Drammatico
Durata: 120′
Regia: Antonio CamposCast: Ezra Miller, Jeremy White, Emory Cohen, Michael Stuhlbarg, Addison Timlin, Rosemarie Dewirt, Lee Wilkof, Paul Sparks, Bill Raymond, Gary Wilmes, Christopher McCann.
Produzione: BorderLine Films, Hidden St. Productions
Distribuzione: Bolero Film
Data di uscita: 19 Febbraio 2010 (cinema)