Lella Costa ci ha abituato ai suoi monologhi, dei quali il pubblico però non è ancora sazio. Lo testimonia ancora una volta il successo che sta avendo in questi giorni a Milano, con la sua brillante e istrionica interpretazione
Per la sua ennesima “fatica” teatrale l’attrice (e in questo caso anche autrice) ha scelto Amleto, figura enigmatica e archetipica per eccellenza. Attorno a lei un palcoscenico nudo, come ai tempi di Shakespeare, colui il quale ad Amleto ha associato indissolubilmente il suo nome nella storia del teatro. Ma Amleto ha radici ben più lontane dell’epoca shakespeariana: anche la genialità dell’autore di Stratford-on-Avon fu ispirata da antiche leggende risalenti addirittura a un’epoca pre-cristiana. Amleth, Amlodi o Amalghe, l’idiota, il matto, è presente nelle tradizioni antiche di ogni Paese: dalla Persia all’Islanda, dalla Grecia alla Danimarca. “The fool” per Shakespeare, come ci ricorda Lella Costa, il matto sì, ma anche il buffone, colui che la pazzia la esercita solo per mestiere.
Amleto è dunque presente in ogni epoca e in ogni cultura, fino ad arrivare ai giorni nostri. Lella Costa entra abilmente nel dramma shakespeariano raccontando la storia di uno dei suoi personaggi più celebri con l’ironia che da sempre la contraddistingue. Ironia e passione che più volte suscitano risate tra il pubblico ma che spingono spesso e volentieri alla riflessione e all’approfondimento. L’attrice entra e esce dalla trama seguendo un percorso affatto discontinuo ma anzi, perfettamente logico e lineare. Amleto, Ofelia, Claudio, Gertrude, Polonio, Laerte, sono raccontati in tutta la loro semplicità e umanità: una storia. la loro, che continua ad essere attuale. Lella Costa ci racconta amabilmente la trama della tragedia incarnando le loro parole, senza però mai smettere di essere intensamente se stessa.
Ma chi è Amleto? Il lavoro di Lella Costa vuole arrivare a rispondere a questa domanda ma senza dare risposte universali e dogmatiche. È il pubblico che viene preso per mano e che, inevitabilmente, arriva a porsi l’interrogativo. Un interrogativo che altrettanto inevitabilmente lo riconduce e lo accomuna allo sfortunato principe: Amleto è il pubblico presente in sala, è ogni uomo, è ognuno di noi. È la natura umana che dubita. “Essere o non essere?”, “Lo chiamo o non lo chiamo?”, “Vado avanti o mollo tutto?”. L’incipit di quello che forse è diventato il monologo teatrale più famoso del mondo altro non è che la domanda che tutti, quotidianamente, ci poniamo per questioni più banali o anche fondamentali per la nostra vita. Amleto è il primo, l’archetipo: il primo intellettuale infelice, la radice di tutte le storie umane, attorno a cui ruotano temi sempre attuali come la politica, l’amore, la sete di potere, la violenza. Il monologo di Lella Costa ci presenta dunque un Amleto che è allo stesso tempo la storia dell’uomo e la storia del teatro: l’attrice ci racconta il personaggio, svelando simpaticamente anche dei falsi miti (il famoso cranio non è quello del padre bensì quello di Yorick, il buffone di corte con cui Amleto giocava da bambino, mentre l’“Essere o non essere” non è pronunciato da Amleto con il teschio in mano, ma in un altro momento della tragedia), riconducendolo però sempre alla realtà di tutte le epoche, non esclusa la nostra. Per ricordarci che c’è del marcio nel mondo, non solo in Danimarca.
Il messaggio di Lella Costa vuole essere un messaggio di speranza. Se l’eterno dubbio tra il fare o il non fare qualcosa sembra inevitabilmente condurre alla distruzione totale, come avviene nella tragedia di Shakespeare, c’è la speranza che gli uomini si rendano comunque degni di vivere e continuino a lottare per la ricerca della verità. Come Amleto, l’eroe antico e moderno, che si rende padrone del proprio destino. “Non conta quello che hanno fatto di noi – dice Ofelia-Lella Costa – ma quello che noi abbiamo fatto di ciò che hanno fatto di noi”.
Amleto
Di Lella Costa, Giorgio Gallione, Massimo Cirri da William Shakespeare
Regia: Giorgio Gallione
Con: Lella Costa
Musiche: Stefano Bollani
In scena dal 23 gennaio al 10 febbraio 2008 al Teatro Carcano, corso di Porta Romana 63, Milano