“ATTILA” DI GIUSEPPE VERDI

Un Attila don Giovanni infiamma il Palafenice. Sotto l’attenta direzione del maestro Viotti torna in cartellone la famosa opera verdiana

Verdi definisce gli anni attorno al 1845-47 “anni di galera” e non aveva tutti i torti perché “Attila”, composta a soli 33 anni fu la quarta opera partorita nel 1846.

L’opera ebbe notevole successo perché tratta, parafrasandola, la difficile situazione veneziana che poco prima della metà dell’ottocento vedeva gli austriaci dominatori incontrastati di Venezia, e invitava i romani alla riscossa contro i barbari invasori.

Per la prima volta dopo alcuni anni di promesse e repentini cambiamenti dell’ultimo minuto il Teatro la Fenice ha affidato l’apparato registico di un’opera musicale al Corso di Laurea specialistica in Scienze e Tecniche del Teatro dello I.U.A.V. di Venezia. Questa scelta, seppur affidata a grandi nomi quali di Walter Le Moli alla regia, Margherita Palli per la scenografia e Vera Marzot per i costumi è molto importante perché ha fatto sì che gli studenti in persona con le proprie idee potessero dar prova di saper allestire uno spettacolo.

La scena, se vogliamo, un po’ statica, mostra le rovine della Fenice bruciata e in questo periodo di lotte e attentati il riferimento sembra calzante, forse il soggetto un po’ meno ma nel complesso è soddisfacente. In compenso la regia è essenziale ma sostanzialmente riuscita e i costumi sono realistici e d’epoca.

Cast in parte all’altezza.
Michele Pertusi, Attila, non è nuovo a variare il suo repertorio per cantare qualche Verdi come quest’anno o quello stupendo Atanaël nel Thaïs di Massenet l’anno passato. Non si può che dare un eccellente giudizio a questo interprete che sa coniugare doti che oramai sono alla portata di pochissimi., anche se apprezziamo che misuri con parsimonia queste uscite dal suo repertorio belcantistico abituale. Che timbro, che morbidezza, che fraseggio, e al contempo incarna Attila con una fiera autorità ma anche con un distacco e con una fierezza che ricordano tratti dongiovanneschi.

Dimitra Teodossiou, Odabella, dimostra non solo di saper tenere ottimamente la scena ma di essersi ormai affinata e aver acquistato sempre maggior sicurezza negli impervi ruoli verdiani. Agguerrita ma al tempo stesso dolce, intima ma alla fine spietata assassina. Purtroppo non si può dire altrettanto di Alberto Mastromarino, un cicciuto Ezio dalla vocalità sfocata, per non parlare di quel tenoraccio che impersona Foresto, Kaludi Kaludow che alterna il forte al piano a suo piacimento, gli acuti sono scoloriti e a volte strozzati e per arrivarci sovente stona.

L’orchestra del teatro La Fenice invece ha saputo trovare in Marcello Viotti il suo direttore giuda che di volta in volta la fa brillare in modo superlativo. Coro numerosissimo ma all’altezza della situazione.

ATTILA – dramma lirico in un prologo e tre atti; Libretto di Temistocle Solera; Musica di Giuseppe Verdi