E’ stato un grande interprete della canzone napoletana dagli anni ’50 in poi, lo si è anche visto sullo schermo, in quella bella televisione in bianco e nero, erede di una tradizione da avanspettacolo e canzone popolare vagamente spensierata. Aurelio Fierro è morto a 81 anni, volando via dalla sua Napoli, quella della famosa cartolina, col pino e il Vesuvio in lontananza.
“Ma tu vulive ‘a pizza, ‘a pizza, ‘a pizza, c’a pummarola n’coppa” era diventato un inno cantato nel mondo (un po’ come “O sole mio”) prima ancora che “pizza” entrasse nel lessico internazionale. A portare ovunque questo ritornello è stato Aurelio Fierro, da poco scomparso a 81 anni, volando via da Napoli (sua città di adozione) che ha amato a dismisura. Lui che era nato a Montella, in quell’Irpinia verde delle grandi migrazioni.
La paglietta su quel viso rubicondo e sempre sorridente, i successi internazionali come “Lazzarella” o “Scapricciatiello” e soprattutto “Guaglione”, tanto da identificarlo in America con quest’ultimo appellativo. Moltissimi i successi cantati per lunghi decenni in ogni parte del mondo. E “A pizza” che cantò in quel memorabile Festival napoletano (era il 1966) niente meno che con Giorgio Gaber. Per cinque volte vinse quel festival partenopeo un tempo mitico e seguito non meno di quello di Sanremo. “Lazzarella” lo portò pure sullo schermo, in quei film in bianco e nero dedicati alle canzoni più in voga. Grande schermo che ha frequentato anche in avanzata età con l’ottimo regista ed attore comico Maurizio Nichetti: il film si intitola “L’una e l’altra”. Ed ancora in chiave ironica con Nino D’Angelo ha interpretato “Aitanic”.
Ma il mito vocale lo ha portato perfino all’Olimpya di Parigi con la più grande di tutti i tempi, Edith Piaf. Un autentico cantore delle nostalgie napoletane, di quelle canzoni che non passeranno mai, scritte nel tempo e datate Novecento. Quel secolo scorso che ha prodotto artisti semplici e portentosi, proprio come Fierro, che al Sud si pronuncia (se possibile) con le due i e senza la e. Così lo ricordano le voci un po’ stonate dei tanti appassionati e cultori della canzone napoletana, che forse non ci sono più.