C’è chi lo considera uno dei cantanti che hanno fatto la storia della musica italiana, altri che lo definiscono un pessimo oratore, ancora chi vede in lui la voce fuori dal coro in cui riconoscersi e poi chi ne critica stonature e sbavature. Certo è che, un po’ per curiosità, un po’ per vera passione e anche un po’ per criticare, i due concerti di lunedì e martedì di Adriano Celentano all’Arena di Verona, trasmessi da Canale 5, hanno realizzato il 30 e il 32% di share: considerato anche che ci troviamo in un’epoca in cui la musica è trattata a pesci in faccia, una percentuale notevole.
In più, chi lamentava gli inutili sproloqui, ultimo dei quali a Sanremo 2012, di cui l’Adriano nazionale è il più autorevole ambasciatore, ha finalmente abbandonato ogni scetticismo, godendo di due concerti pieni, in cui lo spazio dedicato alle “chiacchiere” è stato ridotto all’osso, soprattutto nella seconda serata.
Ne sono scaturiti due spettacoli anomali, certo. Chi ridacchiava davanti alle tv di fronte a strofe saltate, “stecche” paurose ed evidenti fuori tempo aveva ragione. Ma anche questo è rock ‘n roll. La musica insegna che le belle voci non sono semplice risultato di impostazioni perfette studiate a tavolino. Talvolta la stonatura emoziona. Neil Young docet. E con un timbro come quello di Celentano, uno dei pochi per cui mi impongo di scrivere l’abusatissima “emozionerebbe pure cantando l’elenco del telefono”, anche le stonature passano in secondo piano. Anzi, rientrano nella parte. Così come rientra nella parte il suo sguardo strafottente verso il pubblico, che fa passare ogni suo errore più grossolano per cifra stilistica. Altrimenti riduciamoci tutti a guardare X-Factor o Amici, ascoltando le voci celestiali di ragazzini acqua e sapone che sul giro di do ci raccontano amori sconfinati, storie di tradimenti e di paesi senza guerra.
Uno show di Celentano, comunque, non si può giudicare secondo i soliti canoni con sui si commenterebbe lo spettacolo di qualsiasi altro artista. Celentano ama fare le cose in grande, e le coreografie dei due concerti lo hanno dimostrato. A tratti sembravano quasi delle prove (e nemmeno generali), come se non fosse evidente l’Arena gremita e la trasmissione in diretta su Mediaset. Un concerto pretenzioso ma con un copione scritto a penna. E una penna un po’ sbiadita che aveva lasciato degli spazi bianchi sul foglio, che Celentano e la sua troupe veramente non sapevano come riempire. Ma non se ne curavano neanche troppo. E così lui che si fermava per bere un bicchiere d’acqua diventava l’immagine più eccitante della serata.
Errori, quindi, (al di là della tecnica, di cui abbiamo già parlato) ce ne sono stati. Tra tutti, l’imbarazzante dibattito tra l’economista Jean-Paul Fitoussi e i due ignari Celentano e Morandi, evidentemente fuori luogo e piuttosto orientati in un’atmosfera da “taralluci e vino”.
Per il resto, un Rock Economy di alto livello. Bisogna dare atto a un signore di settantaquattro anni che sul palco ha la carica di un ragazzino. Che ha forse capito che come oratore vale veramente poco, ma che con il suo sguardo strafottente e con una delle voci più belle d’Italia rimane un grande. Un grande vero.