Accolto con entusiasmo “Asobi” di Kaori Ito. Lo spettacolo è stato rappresentato ieri sera a Roma nell’ambito di Equilibrio – Festival della Nuova Danza.
Un lieve movimento del piede destro. L’entrata in scena della talentuosa Kaori Ito, danzatrice e coreografa, si concentra su questo dettaglio. Nel repertorio dell’artista giapponese sono sempre presenti una nota personale e una cura del particolare che rendono unica la sua opera. “Asobi” è l’ultima creazione, uno spettacolo “intimo” come suggerisce il titolo che in giapponese indica la dimensione del gioco. Questo gioco tra adulti, solitamente di sesso maschile, sul palco dell’Auditorium di Roma diventa un intreccio di contorsioni erotiche tra due uomini e due donne.
Il centro della scena è occupato da una superficie specchiante al cui interno il pubblico si sdoppia, come se assistesse da entrambi i lati al medesimo spettacolo. I danzatori introducono lo spettatore nel loro gioco svelando con movimenti lenti e accurati la doppia natura umana: il lato sinistro del corpo coperto dal vestito è la società di cui facciamo parte, mentre la nudità del lato destro richiama l’istinto che pian piano prenderà il sopravvento. Il pubblico voyeur osserva la nudità presente nello specchio ed è a questo punto che la prospettiva si capovolge e il mondo riflesso conquista il lato della realtà.
La cerimonia dello svestimento è seguita da una danza traumatica composta da attimi solitari e collettivi. La perfetta sincronia dei quattro danzatori e la teatralità delle loro espressioni immobilizza il pubblico. Gli artisti sfidano il loro riflesso, da questo confronto nasce una danza nevrotica accompagnata da spasmi, gemiti, suoni che danno voce al corpo. L’impulsiva manifestazione del proprio Io evolve in un dialogo primitivo che lo spettatore è in grado di comprendere. Sul palco i corpi si “strappano” e contorcono, mostrano la loro incontenibile energia che pulsa sottopelle.
Le figure si riuniscono in una danza collettiva di orgasmi nevrotici, il ballo si trasforma in un gioco ingenuo e al tempo stesso violento. Ognuno gioca con l’altro trasformatosi nello specchio con cui confrontarsi. I maschi si affrontano in una lotta antica e istintiva mentre le donne si allungano e si contorcono sul pavimento come una schiera di baccanti. La tensione tra il pubblico è palpabile, difficile distogliere lo sguardo mentre si avverte l’apice di questa energia e al contempo la fatica e lo spaesamento che essa provoca.
Kaori Ito permette al corpo di esprimersi attraverso questo vortice di movimenti, gesti e gemiti non cadendo mai nel facile tranello della volgarità. Al contrario questa poesia erotica mantiene un ritmo costante e coinvolgente che si conclude con un inno a Eros. A una estremità del palco giace una donna seminuda, guardandosi allo specchio si copre il volto, quasi provasse un’improvvisa vergogna davanti al pubblico dell’altro mondo che la osserva. Sul lato opposto un uomo nudo nell’ombra nasconde tra le cosce i genitali e in posizione ieratica come una statua dell’antica Grecia osserva davanti a sé. Nel frattempo al centro del palco ruota una coppia di danzatori che interpreta con estrema dolcezza le figure del Kamasutra. L’abilità di Kaori Ito sta nel cogliere e interpretare le varie sfaccettature dell’erotismo. In “Asobi” l’Eros in principio si presenta con un’aura di mistero, evolve in attimi di follia, violenza e divertimento per venire infine celebrato come un rito sacro.
Asobi
Coreografia e regia: Kaori Ito
Ideato e interpretato da: Csaba Varga, Jann Gallois, Kaori Ito, Laura Neyskens, Péter Juhász
Musiche: Guillaume Perret, Marybel Dessagnes
Musiche interpretate da: Spectra (Jan Vercruysse, Kris Deprey, Pieter Jansen, Bram Bossier, Francis Mourey, Luc Van Loo e Frank Van Eycken)
Produzione les ballets C de la B
Coproduzione Muziekcentrum De Bijloke (Gent), Spectra, TorinoDanza, Théâtre National de Chaillot (Paris), Theater im Pfalzbau (Ludwigshafen), La Rose des Vents (Villeneuve d’Ascq), Les Théâtres de la Ville de Luxembourg.
Info:
http://www.auditorium.com/eventi/5613156
www.kaoriito.com
Foto: Chris Van der Burght