Sappiamo dalle cronache quotidiane che sono ormai migliaia i combattenti jihadisti provenienti dall’Europa, Italia compresa: in parte si tratta di immigrati islamici di seconda, o terza generazione, ma purtroppo molti sono anche i giovani e le giovani che si lasciano docilmente convertire all’islam e finiscono poi per trasformarsi in guerrieri fanatici.
La drammatica, atroce attualità di questi giovani “foreign fighters” è il tema della intensa e tragica storia narrata in questa pellicola.
La diciottenne Elodie vive nella campagna belga in un delizioso cottage in riva a un idillico lago. Sua madre Elisabeth è tutta la sua famiglia, dato che il padre le ha abbandonate anni prima. Quanto Elisabeth è una donne forte e generosa, infermiera amatissima da tutti e in ottimi rapporti con il vicinato, tanto la figlia è schiva, taciturna e introversa. Solo quando una domenica sera Elodie non ritorna dopo il week end trascorso fuori, la madre inizia a comprendere la terribile verità. La polizia infatti individua sulla carta di credito della madre il pagamento effettuato dalla figlia per due biglietti per Cipro. Sbigottita e incredula la donna tenta ripetutamente di chiamare la figlia al telefono. Invano. Una compagna di scuola la informa che la ragazza aveva iniziato una relazione con un giovane belga di origine nordafricana, che si era allontanato dalla famiglia molti mesi prima senza dare più notizie e aveva abbracciato l’islamismo più integralista.
Elodie sembrava una ragazza tranquilla, eppure dalle parole, scoperte su un profilo facebook criptato, le cause della sua decisione sarebbero isolamento, solitudine, insicurezza, mancanza di valori, bisogno di un senso religioso: tutte assurdità per la madre, laica convinta, aperta e liberale anche nelle abitudini private.
La polizia belga nulla può fare per fermare la ragazza, che è maggiorenne, anche se ormai si è compreso quale sia la sua intenzione. Così la donna intraprende lei stessa un doloroso e difficile viaggio alla ricerca della sua unica figlia. Fino a Istanbul è accompagnata dalla sua amica del cuore, da lì al confine con la Siria prosegue da sola. Continuando a interrogarsi disperatamente in che cosa lei abbia sbagliato o non abbia capito, sul perché e sul come sia potuto accadere che quella figlia le sia stata strappata dalle subdole lusinghe di una sedicente società di “fratelli e sorelle nella fede”, che in realtà si riveleranno mercanti senza scrupoli di carne umana da mandare al macello senza pietà, oltre che fanatici e ottusi negatori di ogni libertà.
Nel corso del viaggio Elisabeth attraversa paesaggi bellissimi e selvaggi, ma la colpiscono le centinaia di disperati che sono in fuga proprio da guerra, odio e tirannia di quello stato islamico nel quale invece sua figlia era convinta di trovare finalmente pace, amore e valori. La protagonista interpreta con una intensità impressionante il ruolo di questa madre, la cui disperazione la rende coraggiosa come una leonessa, determinata e inarrestabile, pronta a tutto e sempre a testa alta, orgogliosa e decisa. Risalta per contrasto la figura della figlia, pallida e debole, manipolata e fino all’ultimo incapace di vedere la verità.
Rachid Bouchareb, regista di origine algerina nato a Parigi nel 1953, già regista di London River (Berlinale 2009), è artista da sempre impegnato sui temi legati a problemi delle società multiculturali, del radicalismo e del razzismo. Per i suoi meriti in questo ambito è stato nominato nel 2007 Cavaliere della Legion d’Onore.