È la Biennale della Danza una delle ultime nate dalla primigenia dedicata all’Arte. È giovane, ma piena di vitalità imponendosi come una delle più seguite ed apprezzate. Bambini e bambine spesso in tenera età vengono accompagnati per insegnare loro ad apprezzare il bello e non di rado per far sbocciare il desiderio dell’emulazione. Capita spesso che sia loro che i genitori o gli adulti che gli accompagnano restino sconcertati di fronte alle scene che si svolgono innanzi ai loro occhi.
La cornice che ospita gli spettacoli: palazzi veneziani dagli alti soffitti a cassettoni, sale settecentesche cariche di ori e decorazioni, siano in contrasto con la povertà dei costumi dei danzatori. Rigorosamente aboliti pizzi, tutù, lamé dorati, l’abbigliamento prevalente è da arte povera con più che modesti abiti che nascondono corpi pronti ad ogni volteggio o evoluzioni acrobatiche, anch’esse solo accennate per lasciare spazio a brevi passetti, a lunghe pause, a meditazioni dal significato per loro incomprensibile.
Un uomo o una donna soli, senza alcun accompagnamento musicale, entrati dai lati opposti, alzano gli occhi, il loro sguardo si tocca, si incontra per un attimo, ma evidentemente non si piacciono perché ciascuno prosegue nella loro non danza per conto proprio. Poi d’improvviso torna la musica, uomo e donna si rianimano, con piccoli passi impercettibili lei cerca di avvicinarsi ma invano ed ecco l’incomunicabilità di cui racconta Il deserto rosso di Antonioni tornato sotto le spoglie della danza.
Il messaggio è lanciato, in pochi l’hanno percepito ma la grande maggioranza degli spettatori è comunque partecipe e fiera di trovarsi nel luogo più prestigioso della più straordinaria città del mondo che nelle lunghe e dorate sere di una estate serena dispiega tutta la sua bellezza per assistere a eventi unici e trendy al massimo.
L’hanno capita i grandi come il numero uno Roberto Bolle che spesso esce dai teatri e va a danzare lungo le rive degli Schiavoni.
Apre l’edizione 2014 chiamata Mondo Novo, gesto luogo comunità. La comunità è l’elemento fondante di questo originale Festival.
Lo spettacolo Saburo Teshigawara presentato in prima assoluta al teatro Malibran, elabora il tempo (esempio eclatante di quanto si rifletteva all’inizio di queste riflessioni) che nasce dal corpo con linee che compaiono e scompaiono, note che spariscono per venire poi riprese, il tempo che assedia il corpo, il corpo fatto araba fenice che rinasce continuamente dalle sue ceneri per simboleggiare la potenza dell’arte che trasforma il presente nell’infinito.
Altra esemplificazione la gustiamo seguendo le tappe dell’originalissimo Vangelo secondo Matteo di Virgilio Sieni. È difatti un viaggio, ,una navigazione meditativa lungo le pagine di un Vangelo in cui la figura umana di Gesù compie il suo disegno più puro e più applicabile anche alla casta semplicità del fruitore. Sono 24 quadri interpretati da danzatori delle più variabili età sani e non sani semplici e dotti che materializzano un messaggio che colpisce e penetra. Virgilio Sieni, che è anche il Direttore del Festival Danza, innova quest’arte rompendo schemi e penetrando di forza e con dolcezza la sensibilità di ogni pubblico.