Concorso
Accettare la sfida di portare sul grande schermo la vita Ernesto Che Guevara, personaggio che trascende la storia e che per generazioni è stato (ed è per alcuni tutt’ora) un mito, non è sulla carta un’impresa facile.
Già quattro anni fa a Cannes ci fu il pienone per assistere a I diari della motocicletta, che raccontava le imprese del giovane Guevara durante un viaggio con l’amico Alberto Granado attraverso l’America Latina, allora ancora in abiti borghesi con un futuro di medico davanti a sè.
Steven Soderbergh, regista e produttore che passa con disinvoltura dal film sperimentale girato in digitale, a blockbuster come il franchise di Ocean, ha dedicato a questo progetto molte risorse mettendosi di nuovo in discussione. Ha proposto una pellicola, che in realtà uscirà nelle sale come un dittico, della durata di circa quattro ore e mezza.
La prima parte racconta l’ascesa del Che, da giovane e anonimo rivoluzionario fino a diventare l’uomo che guiderà gli uomini di Castro alla conquista di Cuba, senza tralasciare di parlare della massima consacrazione, soprattutto internazionale, che ebbe Guevara quando andò a parlare a New York davanti all’Assemblea della Nazioni Unite. Il secondo tempo, da diversi punti di vista più interessante ma meno appassionante, si concentra sulla disfatta boliviana che vide lo stesso Che in prima linea, il quale cercò in undici mesi di portare i contadini di quel Paese a ribellarsi contro Governo centrale.
L’impostazione al film data da Steven Soderbergh, così come la lettura del personaggio principale, assomigliano più a quella di un cronista piuttosto che a quella di uno storico politico. In altre parole l’approccio è agli antipodi rispetto a quello che poteva essere se il film lo avesse realizzato un regista come Oliver Stone.
Il Che di Soderbergh non è un’esegesi, ma neppure si spinge a cercare di entrare nella mente del protagonista, a carpire le ragioni di certe scelte ancora oggi misteriose e poco chiare (i presunti dissidi con Castro che lo portarono, pare, ad allontanarsi per sempre da Cuba), e neppure a trovare un filo logico conduttore in certi comportamenti che, stando ai fatti di cronaca, risultano appunto illogici, in particolare in riferimento alla catastrofica parentesi boliviana.
Quello di Soderbergh è un Guevara che si caratterizza per l’onestà e un grande rigore morale, molto legato ai suoi ideali soprattutto di natura sociale ma, e questa la grossa differenza rispetto a Castro, totalmente privo di un’intelligenza (e astuzia) politica. A Cuba trionfò perché dietro aveva una regia (Castro) che sapeva come e cosa fare; in Bolivia fallì, anche per condizioni contingenti più difficili (opposizione dura del Governo, non appoggio della popolazione e soprattutto intervento statunitense), perché a un certo punto non ebbe il coraggio di accettare il fallimento del proprio disegno rivoluzionario e decise così di entrare nel mito issandosi a martire.
Titolo originale: Guerrilla e The Argentine
Nazione: U.S.A.
Anno: 2008
Genere: Drammatico, Biografia
Durata: 240′
Regia: Steven Soderbergh
Sito ufficiale:
Cast: Benicio Del Toro, Lou Diamond Phillips, Franka Potente, Javier Bardem, Ryan Gosling, Benjamin Bratt, Julia Ormond, Catalina Sandino Moreno, Kahlil Mendez, Yul Vazquez, René Lavan, Edgar Ramirez, Jordi Mollà, Yul Vazquez, Carlos Bardem
Produzione: Laura Bickford Productions, Morena Films, Telecinco, Wild Bunch
Distribuzione: BIM
Data di uscita: Cannes 2008