Concerto del Primo Maggio: i big

La musica c'è, il lavoro meno. Buona festa!

Se ha ancora senso parlare di Festa del lavoro nel 2013 lo ha chiarito Francesco Di Giacomo, storica voce del Banco del Mutuo Soccorso, ai nostri microfoni: «la parte ludica del concerto si è sostituita nel corso degli anni alla parte forte del Primo Maggio. Ma la festa del lavoro deve esistere e resistere».

E allora, sarà stata la pungente ironia del Complesso del Primo Maggio, o l’influenza dell’anti Concertone di Taranto, ma lo spettacolo andato in scena quest’anno in una Piazza San Giovanni bagnata, ma come sempre gremita, è stato diverso da quello a cui ci avevano abituato le ultime edizioni: ridotte all’osso “le canzoni tipo Bregović”, niente Caparezza o Modena City Ramblers, e una Bella Ciao appena accennata.

Si inizia subito forte con Enzo Avitabile che, con i suoi ritmi irresistibili, fa danzare l’intera piazza. Seguono gli Africa Unite e i Marta sui Tubi, gruppo “pecora nera” del recente Festival di Sanremo che propone un folk/rock con uno strano (e piacevole) gusto per l’assurdo. Quindi, i Motel Connection, progetto parallelo ai Subsonica. E, come per assecondare l’idea di un concerto dedicato ai ragazzi, protagonisti loro malgrado della crisi del lavoro che sta attraversando l’Italia negli ultimi anni, ancora giovani sul palco: I Ministri, Renzo Rubino, Marco Notari e i Management del Dolore Post Operatorio, il cui cantante passerà alla storia come colui che osò abbassarsi le mutande sul palco del Concertone in piena diretta (segue immediata censura della Rai, of course).

Ma bisognerà aspettare le venti per assistere alle esibizioni che tutti stavamo aspettando, e il palco di Piazza San Giovanni che si trasforma così in un immenso palcoscenico teatrale dove cento violoncellisti diretti dal Maestro Giovanni Sollima eseguono una brevissima Bella Ciao, quindi l’Inno di Mameli e una pazzesca versione di Purple Haze di Jimi Hendrix, autentico manifesto rock. Del tutto a suo agio anche nel mondo delle quattro corde, come a dimostrare che certi capolavori sono destinati a essere tali in eterno e in qualsiasi forma essi vengano in essere.

E ancora grande spettacolo sul palco del Primo Maggio con la Grande Orchestra Rock diretta dal Maestro Vittorio Cosma: James Senese, Enzo Avitabile e Stefano Di Battista al sax, Fabrizio Bosso alla tromba, Maurizio Solieri, Roberto Angelini e Fede Poggipollini alle chitarre, Boosta dei Subsonica alle tastiere, Andrea Mariano dei Negramaro a tastiere e sintetizzatori. Sul palco si avvicendano Giovanni Gulino, cantante dei Marta sui Tubi, che omaggia gli Area, e Francesco Di Giacomo insieme a Vittorio Nocenzi, e il tempo è tutto per il Banco del Mutuo Soccorso, con Non mi rompete. Chiude il set prog E’ festa della PFM, strumentale.

E ancora Nicola Piovani sul palco di Piazza San Giovanni per eseguire alcune delle sue melodie più celebri accompagnato da Giovanni Sollima, Fabrizio Bosso e Tosca.
Segue un’ora di concerto tutta dedicata ai cantautori della “scuola romana” cresciuti negli anni ’90: Daniele Silvestri, che ha appena il tempo di far sentire la sua A bocca chiusa, un applauditissimo Max Gazzé e Niccolò Fabi.

Ma l’apice lo si raggiunge con l’esibizione degli Elio e le storie tese. Da Bunga bunga a La canzone mononota, autentica “lectio” di musica, e poi Il rock ‘n roll. Climax: un breve (e inaspettato, e eccezionale) duetto con Eugenio Finardi e Il complesso del Primo Maggio: sei minuti e mezzo di genio allo stato brado. Termina, Parco Sempione.
Ma è di nuovo il turno della super band diretta da Vittorio Cosma, questa volta per un omaggio a Lucio Dalla: prima Federico Zampaglione intona Com’è profondo il mare e poi Erica Mou Futura. Segue Viva l’Italia con Appino e Colapesce. Chiudono Elio e Mangoni con “il primo rap della storia italiana”: Prisencolinensinainciusol di Adriano Celentano, con un piccolo inserimento del rapper Ensi: free style di cui avremmo volentieri fatto a meno.
E ancora sul palco del Primo Maggio sale Vinicio Capossela, per concludere la diretta con la Rai. Lui, unico reduce dei Concertoni di sinistra. E una Bandiera rossa quasi d’obbligo: «evviva il Primo Maggio e la libertà!» intona dal palco.

A concludere la serata è Cristiano De André, costretto a esibirsi per il “solo” pubblico di Piazza San Giovanni. Un calcolo sbagliato dei tempi e un pasticciaccio decisamente sgradevole che ha fatto immediatamente gridare alla censura. Comunque non si sarebbe potuto desiderare finale migliore: Non è una favola e Credici, dal recente album Come in cielo così in terra, e Fiume sand creek e Il Pescatore, in una versione tremendamente rock.

Insomma, il Primo Maggio sembra aver perso del tutto il suo significato. C’è poco da festeggiare e comunque questo non viene fatto nella maniera giusta. Le scelte del cast c’entrano poco: non sarebbe stata una Cento passi in più urlata da folle sguaiate e volta a ribadire credi il cui significato è stato perso da tempo a cambiare le cose. La musica c’è stata ed è stata di qualità.

Sarebbe bello, come auspicato da Francesco Di Giacomo, che questo giorno tornasse a essere veramente la festa del lavoro, al di là di ogni ideologia. Punto centrale e imprescindibile, non sterile pretesto. Ma cosa c’è da festeggiare in un paese che conta il 40% di disoccupazione giovanile? Cosa, in un paese in cui punto fondamentale di ogni curriculum è l’albero genealogico?
Le melodie del Primo Maggio sono belle. Assuefazione verso un’anestesia totale. Le menti plagiate esistono e sono in Piazza San Giovanni, o davanti alle televisioni e nei centri sociali. Così come fuori. Plagiate e assuefatte all’idea che almeno per un giorno si possa non pensare a quel contratto di lavoro che scadrà tra un mese, alla collaborazione non pagata, agli straordinari in nero, trasformando il Concertone in un rave party di sinistra per far sì che alla fine, soli e ubriachi, dopo una giornata di musica e una notte all’aperto, arrivi il due maggio. La vera festa dei lavoratori: giorno feriale. Da passare a casa, perché tanto il lavoro non c’è.
Buona festa.