Il lungo naso di Cyrano de Bergerac, attraverso la regia di Daniele Abbado, fiuta dal lontano XVII secolo la nostra società contemporanea e se ne lascia plasmare, prendendo corpo nella figura di Massimo Popolizio: da qui nasce lo spettacolo Cyrano de Bergerac, dalla celebre opera teatrale di Edmond Rostand, del 1897, in scena al Teatro Goldoni dal 20 al 24 gennaio.
Personaggio segnato da un tragico amore per la cugina Rossana, non corrisposto per la bruttezza procuratagli dallo spropositato naso, sfoga tutto il suo dolore in un’insuperabile bravura con la spada e con la dialettica, dalla quale escono continue rime e giochi di parole, che gli procurano ammirazione quanto nemici, per la sua scontrosità. Un cuore dal duplice volto, dunque: poeta e spadaccino; imbattibile alla lotta, sconfitto a priori in amore; ironico e beffardo, ma intimorito da ogni possibile derisione sul suo naso.
Di Rossana è innamorato anche il giovane e affascinante Cristiano, da lei ricambiato, a patto che questi, oltre alla sua bellezza, sappia offrirle anche poetici versi d’amore, arte di cui il ragazzo è, però, totalmente profano; ad aiutarlo interviene il nasuto rimatore, che pur d’avvicinarsi, anche se non personalmente, alla sua amata, decide di scrivere e recitare in nome del giovane, le parole desiderate dalla cugina.
Nascondere la drammaticità dell’esistenza dietro a sagacia e burberità, è una maschera che Cyrano s’applica per apparire meno fragile, ma anche segno di un certo qual riguardo che egli nutre nei confronti del prossimo, cui vuol evitare d’infondere malinconia; un’ulteriore premura ha voluto dimostrare nei confronti del pubblico odierno, probabilmente intimorito dall’eccesso d’egoismo constatato, aggiungendo alle caratteristiche già intrinseche al suo personaggio, la comicità. Da qui una traslazione della malinconia verso un’atmosfera più leggera e scherzosa che, come sperato, ha ottenuto i suoi consensi in composte, ma compiaciute risate.
Da non sottovalutare, però, quegli spettatori che ancora amano condividere i passionali drammi che caratterizzavano i secoli scorsi, immedesimarsi con trasporto in quei patimenti che oggi, dissoltasi ogni rigidità morale, non hanno più la tragicità caratteristica d’un tempo; spettatori cui non occorrono necessariamente toni comici per lasciarsi coinvolgere e non annoiarsi.
D’ogni modo, sta di fatto che, apprezzata o meno la scelta registica, bisogna rendere merito a Popolizio e alle sue doti attoriali. Meno coinvolgenti, invece, gli altri due protagonisti, Viola Pornaro e Luca Bastianello: una Rossana un po’ fredda e un Cristiano che un po’ troppo calca il suo ruolo d’amante impacciato.
Costumi e scenografia, in linea con l’ideologia seguita, abbandonano i fasti dell’epoca delle vicende, per una tendenza al minimale, all’essenziale, per concentrare tutta l’attenzione sulle parole, sulle rime che, dalle labbra di Cyrano, a contagio, coinvolgono tutto il coro di personaggi che l’accerchia; endecasillabi in grado di far trapelare anche ciò che i gesti e le azioni non trasmettono.
Cyrano de Bergerac
regia: Daniele Abbado – autore: Edmond Rostand – scene e costumi: Graziano Gregori – costumi: Carla Teti – suono: Hubert Westkemper – luci: Angelo Linzalata – coreografie: Simona Bucci – regista assistente: Boris Stetka – maestro d’armi: Francesco Manetti – assistente maestro d’armi: Valentina Calandriello
Con: Massimo Popolizio: Cyrano de Bergerac – Viola Pornaro: Rossana – Luca Bastianello: Cristiano de Nuevillette – Dario Cantarelli: Conte De Guiche – Stefano Alessandroni: Raguenau – Giovanni Battaglia: Le Bret – Andrea Gherpelli: Capitano Carbone – Marco Maccieri: Montfleury – Carlotta Viscovo: Lisa – Elisabetta Piccolomini: La Governante – Luca Campanella: Bellarosa – Mauro Santopietro: Visconte di Valvert – Roberto Baldassarri: Il Seccatore – Simone Ciampi: Un Nobile – Flavio Francucci: Un Nobile – Davide Lora: Un Nobile
Durata: 2h
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