Strutturato come un festival-laboratorio che ha fatto di Venezia il luogo di una riflessione sul teatro a più voci, il 43. Festival Internazionale del Teatro diretto da Àlex Rigola si svolgerà dal 30 luglio al 9 agosto. Parallelamente agli spettacoli – 15 in programma, di cui 9 in prima italiana – si svolgeranno 18 laboratori. Con artisti, drammaturghi, registi, coreografi e compagnie di evidenza internazionale che, nella diversità dei loro stili, sono espressione di un teatro che sente l’urgenza di raccontare il presente.
C’è Christoph Marthaler, Leone d’oro alla carriera 2015, che inaugura il Festival con Das Weisse vom Ei/Une île flottante, in cui scardina le certezze del linguaggio e gli inganni della comunicazione (il testo attinge a La polvere negli occhi di Labiche); c’è Thomas Ostermeier con la versione teatrale del film cult di Fassbinder Il matrimonio di Maria Braun, amara parabola sul presunto “miracolo tedesco” del secondo dopoguerra; e c’è il giovane Fabrice Murgia, cantore della solitudine urbana e delle angosce generazionali, che in Notre peur de n’être racconta gli hikikomori, giovani iperconnessi che vivono reclusi da ogni contatto col mondo.
E ancora: Falk Richter, drammaturgo e regista per la prima volta in Italia, che in Never Forever, dipinge una società post-umana percorsa da guerrieri metropolitani, individui in lotta per la sopravvivenza pronti a commettere atti estremi; la compagnia spagnola La Zaranda con El Régimen del Pienso che mette in scena l’alienazione del posto di lavoro; il teatro politico di Milo Rau che in Hate Radio ricotruisce la stazione della Radio-Télévision Libre des Mille Collines e le sue trasmissioni, strumento di una aggressiva campagna razziale che contribuì al genocidio dei tutsi in Rwanda nel 1994; la regista brasiliana Christiane Jatahy, come Richter arriva per la prima prima volta in Italia, che riconduce un classico strindberghiano, Julia, ai nostri giorni facendo coesistere cinema e teatro, mondo reale e mondo virtuale; Antonio Latella con i tre monologhi A. H, Caro George e MA riuniti in una serata unica: un trittico sul ‘900 attraverso tre figure emblematiche (Pasolini, Francis Bacon, Adolf Hitler) che rappresentano anche tre differenti prospettive sull’uomo e sulla sua relazione con il mondo; Jan Lauwers con The blind poet, spettacolo denuncia delle menzogne della storia e la manipolazione delle informazioni attraverso i secoli; Oskaras Koršunovas, che trasforma i camerini degli attori nel palazzo di Elsinore per il suo Hamlet; mentre Romeo Castellucci in Giulio Cesare. Pezzi staccati estrapola dallo storico spettacolo realizzato nel 1997 i due monologhi di “…vskij” e di Marco Antonio, pezzi staccati del “dramma della voce alle prese con il potere retorico della parola”; la compagnia Agrupación Señor Serrano, Leone d’argento per l’innovazione teatrale del Festival, con A House in Asia, che racconta una caccia all’uomo come fosse un western, una storia di indiani e cow boys: attraverso un dispositivo che mescola modellini in scala, video proiezioni, manipolazione dell’immagine in tempo reale e performance, la casa di Osama Bin Laden diventa il contenitore di tutte le scene dello spettacolo, dalla Casa Bianca alle praterie dell’Afghanistan.
C’è, infine, la grande metafora sull’intolleranza e l’abuso di potere di El Caballero de Olmedo di Lope De Vega, un classico del siglo de oro, che Lluís Pasqual porta in scena con giovani attori cui danno spazio due compagnie di teatro pubblico, con un progetto parallelo al lavoro di Biennale College.
Alle giovani compagnie italiane più innovative il 43. Festival Internazionale del Teatro riserva uno spazio (31 luglio e 1, 7, 8 agosto) al Teatro Fondamenta Nuove con Young Italian Brunch, che allude all’orario non canonico – le 12.00 – in cui si presenterà un assaggio del panorama nazionale, con il desiderio di renderlo visibile soprattutto a operatori e curatori stranieri. Le compagnie invitate sono: Collettivo Cinetico (
La terra trema, capolavoro neorealista di Luchino Visconti, è il titolo scelto da Àlex Rigola e che racchiudere il senso dei 7 laboratori condotti da Christiane Jatahy, Antonio Latella, Jan Lauwers, Fabrice Murgia, Milo Rau, Falk Richter, Agrupación Señor Serrano con gli attori selezionati per Biennale College. Ognuno dei 7 registi dovrà scegliere come titolo e come tema del proprio laboratorio una delle tante aree geopolitiche di crisi che sono storia dei nostri giorni. I laboratori si concluderanno con la presentazione al pubblico, l’ultimo giorno del festival domenica 9 agosto, di spettacoli in un percorso che toccherà vari luoghi della città di Venezia.
Oltre ai laboratori per La terra trema, ci saranno workshop condotti dagli altri registi presenti al festival: Oskaras Koršunovas, Christoph Marthaler, Thomas Ostermeier, Lluís Pasqual, La Zaranda e Romeo Castellucci.
Tre i laboratori dedicati alla drammaturgia con i nomi di tendenza della scena internazionale: il primo a cura di Pascal Rambert (autore del fortunatissimo spettacolo Clôture de l’amour); il secondo di Yasmina Reza (nome che circola tra Parigi, Londra e New York, autrice dell’ultimo successo di Polanski, Carnage); il terzo curato da Mark Ravenhill, uno dei campioni della drammaturgia britannica.
Spazio scenico e illuminotecnica saranno indagati dagli specialisti Albert Faura e Max Glaenzel.
Come lo scorso anno, infine, un laboratorio sarà dedicato alle strategie di comunicazione social in riferimento alla critica teatrale sotto la guida del critico teatrale e saggista Andrea Porcheddu e la giornalista televisiva Anna Perez Pagès.