ROMA – Fin dalle prime battute si capisce come American Hustle sia un film molto importante per il regista David O. Russell, come lo sono stati i due precedenti The Fighter e Il Lato Positivo: “la mia attività registica ha subito un forte cambiamento negli ultimi tre film e questo perchè è stata la vita ad impormelo.”
Sembra lanciare un messaggio criptico per velare di mistero il suo passato e la sua vita privata, ma è solo il tempo di un attimo perchè O. Russell si libera subito di tutto il peso che portava dentro di sé, rivelando con unile schiettezza il suo dramma: “la mia vita è stata distrutta dai problemi: mio figlio soffre di bipolarismo, mia moglie ed io abbiamo divorziato e a tutto questo si è sommato la crisi economica che mi ha travolto in modo diretto. Ho smesso di fare film per 6 anni: la vita mi ha messo in ginocchio portandosi dietro tutta la mia carriera.”
E si trattava di una carriera già ben avviata, cominciata nel 1994 e proseguita al fianco di ottimi attori come Ben Stiller, Dustin Hoffman, Jude Law e George Clooney, con il quale ha realizzato Three Kings. È nel 2004, dopo l’uscita di I Heart Huckabees – Le Strane Coincidenze della Vita, che la sua produzione in brillante ascesa si blocca improvvisamente. Tutto riparte con una sceneggiatura che Sidney Pollack gli affida per realizzare quella già abbozzata da Warren Singer intitolata American Bullshit: “La sceneggiatura l’ho scritta prima di The Fighter, ma non avevo soldi per realizzarla. Ho avuto bisogno di riacquistare credibilità per ottenere una produzione che credesse nel mio lavoro e soprattutto di ritrovare la fiducia in me stesso, nel lavoro come nella vita.”
È attraverso i personaggi che David O. Russell cerca di ritrovare se stesso, lavorando su di loro come lavorasse sulla propria vita: “C’è un personaggio, quello interpretato da Christian Bale, al quale mi sento molto vicino. Lui riesce a far capire perfettamente quale sia il modo per realizzare le cose nella vita: partire dal basso per poi salire su con tutta la rabbia trasformata in tenacia. Un po’ tutti i miei personaggi vivono così: partono dalle loro passioni e non dal cervello per affrontare la vita. Per questo riesco a immedesimarmi sempre in loro, escono dalla storia raccontata e entrano nella mia vita.”
La “rinascita” esistenziale di O. Russell nasce dunque dai suoi personaggi, così come quella registica: “Da The Fighter in poi tutti i miei personaggi sono veri. Li conosco come se vivessero realmente accanto a me. In American Hustle partire da una storia vera ha reso le cose ancora più facili, perchè mi è bastato lavorare intensamente sull’amore che ognuno dei personaggi provava in modo diverso per la vita, un amore che li ha portati a reinventarsi completamente per sopravvivere, dai due truffatori all’agente dell’FBI, passando per il mafioso interpretato da Robert De Niro: lui ha subito lavorato con una passione grandiosa su questo personaggio, come fa sempre, l’ha voluto e ne ha fatto un mafioso magistralmente differente dagli standard che si vedono al cinema.”
Data la sua straordinaria attenzione ai personaggi, non è un caso allora che gli ultimi due film realizzati dalla sua “rinascita” abbiano permesso ai suoi protagonisti di ottenere innumerevoli Oscar (Christian Bale e Melissa Leo per The Fighter e Jennifer Lawrence per Il Lato Positivo). E con American Hustle se ne prospettano altri: “Tutti quanti erano perfettamente integrati nel film esattamente come volevo. Andavo a casa degli attori per spiegare loro il personaggio e mi accorgevo che invece di un tradizionale provino a loro, lo realizzavo insieme a loro del mio stesso film. È quello che è successo a casa di Bale: l’attore ha preteso di capire chi fosse, da dove venisse e dove volesse andare il suo personaggio fino a inghiottirlo completamente, così che Christian Bale e Irving Rosenfeld sono diventati la stessa persona.”
Il gioco tra realtà e finzione in questo film incentrato sulla truffa e sulla corruzione è molto labile e lo stesso incipit, che afferma la veridicità di alcuni eventi del film, continua su questa direzione: “Nonostante giochi su questo fragile confine tra realtà e finzione, non dirò mai che la corruzione sia una cosa positiva. I personaggi corrompono e si fanno corrompere, ma ognuno persegue la propria sopravvivenza. È questo il vero tema del film, sopravvivere arrivando anche a reinventarsi completamente. Se parliamo però di una moralità in tutto questo, ebbene essa c’è ed è tutta nelle mani del sindaco: c’è una innocenza benevola in lui, qualcosa che può essere immaginato solo negli anni ’70 perchè oggi la corruzione è tanto radicata da impedire qualsiasi presunzione di innocenza. La sincerità e la passione di questo personaggio che prende i soldi solo per la sua gente e non per se stesso sono invece lo spirito stesso del film, quello che riesce a pervadere anche il protagonista stesso. Per questo è emblematica la scena in cui i due parlano per l’ultima volta a casa del sindaco: c’è uno specchio alle loro spalle che sdoppia i personaggi rendendo il truffatore nel suo doppio ruolo di spietato corruttore e di pentito che sente di aver tradito un vero amico, dall’altro il sindaco che risulta innocente per la benevolenza delle proprie intenzioni ma per legge è insindacabilmente colpevole di essersi fatto corrompere.”
C’è un segreto che O. Russell vuole rivelare al pubblico, quello che gli ha permesso di sopravvivere, ma qui si limita a fare semplicemente da eco al proprio film per chi non l’avesse visto: “Il segreto della vita è l’umiltà, avere fame, continuare a sentire i morsi della fame sfruttandoli per tirare fuori il meglio di sé, sempre.”