“Décò. Arte in Italia 1919 – 1939”

Il Décò a Palazzo Roverella a Rovigo

Avvolta in una cascata di perle che le incorniciano il viso e i capelli, acconciati come un’antica divinità egizia, Wally Toscanini guarda enigmatica e altera dal ritratto di Arturo Martini nelle locandine che annunciano la mostra di Palazzo Roverella a Rovigo “Arte in Italia. Décò” inaugurata il 31 gennaio e visitabile fino al 28 giugno.

Con orari prolungati fino alle 20 i giorni festivi e fino alle 21 nelle giornate di sabato (chiusa i lunedì non festivi) Palazzo Roverella mira ripetere gli exploit di articoli e pubblico della precedente esposizione dedicata alla Belle Epoque. Le condizioni perché il successo si ripeta ci sono tutte. I due curatori dell’esposizione Francesca Cagianelli e Dario Matteoni parlano del loro lavoro specificando come hanno inteso l’approccio a questo universo così vasto e complesso e spesso di difficile definizione quale è il movimento Décò. Essi lo hanno inteso come “ricapitolazione critica condotta dagli storici di un gusto che aveva segnato nella declinazione di tutte le arti il periodo compreso fra i due conflitti mondiali. L’Art Décò è caratterizzata da numerose sfaccettature, si ispira contemporaneamente alle geometrie dell’universo della macchina ma anche alle costruzioni metropolitane e ai modelli della classicità”.

Le undici sezioni in cui è suddivisa la mostra documentano lo sviluppo di questo stile indagandone gli aspetti non solo nella pittura ma anche nella scultura, la grafica, la ceramica, il vetro.
Emerge la centralità della figura femminile emancipata e moderna, liberata da busti e crinoline, spavalda nelle sue conquiste con cui vuole emanciparsi dal secolare ruolo di subalternità. Se nell’abbigliamento e nell’acconciatura alla garcon intende esplicitare la sua volontà di emancipazione, non per questo rinuncia ad essere seduttiva, ornandosi di vistose bigiotterie, di abiti fascianti, di gonne sbarazzine, mentre volteggia al ritmo del jazz e danze scatenate come il charleston. Numerosi sono i ritratti femminili in mostra: oltre a quello di Arturo Martini, si torna a rivedere la Giulia cavallerizza di Mario Cavaglieri, i ritratti orientaleggianti di Vittorio Zecchin, le seducenti figure classiche di Campigli immerse in una spiaggia metafisica, la donna nell’evolversi delle stagioni di Aristide Sartorio, la soubrette di Garanzani per non citarne che alcuni.

Imprescindibile poi, la sezione dedicata al futurismo con opere di Depero, Balla al fine di esplicitare gli influssi di questo movimento sull’evolversi del Décò. La grafica pubblicitaria e i complementi di arredo hanno attinto ampiamente al Décò come documentano gli articoli disegnati da Giò Ponti. Vittorio Zecchin e lo spirito nuovo che infuse nell’arte vetraria di Murano sono ben rappresentate in una sezione apposita. Opere tutte che nel loro insieme ribadiscono ormai in modo definitivo come la distinzione fra arte maggiore e minore sia del tutto superata a dimostrazione di come anche gli oggetti di uso comune mirassero ad un’estetica che li elevasse dalla pura funzionalità liberandoli da orpelli volgari. E’ grazie al Déco se oggetti di uso comune come lampade, mobili, arredi si vedano affidare una funzione estetica superando la vecchia distinzione fra arte e artigianato.

A partire dal 1960 quando il termine Décò viene si può dire ufficializzato, si concorda quasi unanimemente nel fissare la nascita di questa espressione artistica nel 1925, anno in cui ebbe luogo a Parigi l’Exposition Internationale des Arts Décoratifs et Industrielles Modernes. Va però precisato che già nel 1901 era stata fondata la Societé des Artistes décorateurs che aveva come fine il riconoscimento della loro attività nella complessità della produzione rivendicandone la qualità di arte contro l’avanzante industrialismo. Riconosciutagli la dignità di stile autonomo il décò si presenta al tempo stesso come una sintesi involontaria, in quanto non programmata da manifesti o basata su teorizzazioni, di reminiscenze classiche, di razionalismo, naturalismo, di echi orientalieggianti, senza sfuggire alle sollecitazioni del futurismo e persino della danza e del plasticismo dello sport.

Ad accomunare le opere pittoriche quelle in ceramica e vetro e la grafica è l’armonia delle forme e del colore, il Décòrativismo delle stampe giapponesi il calligrafismo e la sensualità raffinata di Beardsley, mentre ancora si avvertono in modo sensibile echi del simbolismo e del liberty.
Riduttivo appare quindi il titolo dato a questa magnifica rassegna capace di sviluppare accanto alle opere strettamente riconducibili al décò, le espressioni artistiche ad esso contemporanee, dimostrando le reciproche influenze in uno scambio di idee e suggestioni da cui poi hanno tratto fermento i grandi movimenti artistici successivi.

“DÉCO. Arte in Italia 1919–1939”
Rovigo, Palazzo Roverella,
31 gennaio – 28 giugno 2009.

A cura di Dario Matteoni e Francesca Cagianelli;
direzione della mostra: Alessia Vedova.
Per informazioni: Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo
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