Le intenzioni volevano essere buone e la riflessione voleva essere impegnata: la violenza di stato e la violenza di un’economia in crisi annientano le speranze e spengono le passioni di una generazione di precari e ammalati di rabbia alla ricerca di un luogo dove poter immaginare il proprio futuro.
Alessandro Aronadio, regista palermitano, classe ’75, alle spalle collaborazioni con Besson, Tornatore e Martone, costruisce la sua riflessione filmica lavorando sull’esistenza doppia; sulla biforcazione del racconto a partire da una serata di pioggia.
Una Renault 4 corre veloce. Matteo e Ivan, uno alla guida e l’altro con un dito tagliato, stanno andando al pronto soccorso. La visibilità è ridotta e una macchina è ferma in mezzo alla strada. Matteo frena, ma troppo tardi. I tamponati, due poliziotti in borghese: “Se mi arrabbio ti faccio male”. Seguono, la violenza, le minacce, una pistola puntata in faccia e poi la questura. “E’ meglio patteggiare con loro – suggerisce l’avvocato – la polizia fa quadrato e rischiate da accusatori di diventare accusati”. E dopo un’esperienza così, la vita non è più la stessa, soprattutto se quella di prima non era già un granché.
Mai tema fu più caldo: la violenza arbitraria di coloro che dovrebbero tutelare il cittadino, e non massacrarlo, è cronaca che ha percorso la nostra storia recente (Gabriele Sandri e Stefano Cucchi per fare due esempi conosciuti); ma sono da evitare le semplificazioni e le facili equazioni.
Cosa sarebbe successo, invece, se Matteo quella sera avesse avuto il tempo di frenare e se il muso della sua R4 si fosse fermato a pochi centimetri da quella del poliziotto Capranica?
Lontano da Kieslowski (La doppia vita di Veronica) e dal più recente e fortunato Sliding doors, l’opera prima di Aronadio non raggiunge la profondità che vorrebbe, sempre in bilico tra denuncia e acerbo esercizio di stile: un montaggio alternato per due diverse trame, con il doppio che si materializza tra campo e controcampo, gli impasti sfuocati di orchidee e fiammeggianti boschi e la ripetizione di citazioni pretenziose e fini a se stesse da I 400 colpi. Con barba e senza barba Matteo, se non avesse conosciuto la violenza, quella sera, sarebbe entrato nell’arma alla ricerca di un posto sicuro e rispettato. Avrebbe giocato, sotto la pioggia del cortile della caserma, alla violenza tra manifestanti e carabinieri; avrebbe scoperto “il piacere dell’orda” e si sarebbe allontanato a poco a poco dalla famiglia, dagli amici e dall’amore. Mentre l’altro Matteo, irrimediabilmente sfruttato a 600 euro al mese, avrebbe conosciuto un ambiguo uomo dell’est, che lo avrebbe invitato a deragliare.
Un film ambizioso per ciò che vorrebbe raccontare e dalla scarsa tenuta per ciò che racconta; l’ordine degli eventi, le alternanze dei “se”, sono accompagnati da didascalie allo scopo di costruire una traccia ordinata: una soluzione dal sapore un po’ scolastico per gli spettatori avvezzi a Arriaga e a Inarritu.
Il carabiniere e il suo contrario; e il comune denominatore è la coscienza di essere, in ogni caso, una vittima.
Ma il maggior dolore è alla fine, quando un fatale faccia a faccia metterà sullo stesso piatto della bilancia, per compassione e dichiarata matrice comune, sparatore e sparato, stillando il possibile dubbio che in fondo sia frutto anche questo di un caso.
Pasolini nel ’68 scriveva agli studenti borghesi che manifestavano: “Perché i poliziotti sono figli di poveri. Vengono da periferie, contadine o urbane che siano – e poi – “Hanno vent´anni, la vostra età, cari e care”.
Ma era un’altra cosa.
Titolo originale: Due vite per caso
Nazione: Italia
Anno: 2010
Genere: Drammatico
Durata: 88′
Regia: Alessandro Aronadio
Sito ufficiale: www.luckyred.it/duevitepercaso
Sito italiano: www.duevitepercaso.com
Social network: facebook
Cast: Lorenzo Balducci, Ivan Franek, Isabella Ragonese, Sarah Felberbaum, Teco Celio, Monica Scattini, Rocco Papaleo, Niccolò Senni, Ivano De Matteo, Antonio Gerardi
Produzione: A Movie Productions
Distribuzione: Lucky Red
Data di uscita: 07 Maggio 2010 (cinema)