Concorso
Tragicommedia danese sulla trentaquattrenne Charlotte, proprietaria di una clinica di chirurgia estetica che si innamora della vicina trans del piano di sotto, Veronica, e le salva la vita quando tenta di suicidarsi. Ma quando ricompare l’ex di Charlotte, Kristian, sarà Veronica a prendere le sue difese. Il titolo deriva dalla passione principale di Veronica, le soap trasmesse in televisione. Opera prima prodotta da una costola della Zentropa di Lars Von Trier. In concorso a Berlino 56.
Difficile definire la natura di certi rapporti. Difficile capire i motivi che spingono due persone a volersi cercare e, dunque, conoscersi. Il film si interroga su questo. O meglio ci prova. E’ importante, però, chiarire, fin da subito, come En soap fugga qualsiasi approccio di “genere”: vuole, cioè, superare qualsiasi “etichetta” legata ai film con tematiche prettamente omosessuali. L’intento che si respira è quello di andare oltre qualsiasi codice creato o subito. Non è un caso che tutte le problematiche legate all’operazione di Veronica vengano messe in secondo piano per esaltare la forza emotiva di questo incontro particolare.
Il titolo En soap ci facilita nel capire quale sia la fonte ispiratrice: le soap operas. Quest’ultime, che potremmo tradurre come “operazioni saponette”, sono riconducibili, dal punto narrativo, al genere del melodramma e la differenza tra loro, a parte le ambientazioni, sono da ricercare nelle finalità nell’uso dei sentimenti umani. In queste, infatti, le traversie sentimentali dei personaggi hanno il solo scopo di movimentare la storia dal punto di vista spettacolare, in un contesto in cui agiscono fortemente altri elementi, come il dramma familiare o la competizione professionale. Le trame delle “soap operas” sono concepite per attirare in tempi estremamente brevi l’affezione dello spettatore per il prodotto. In seguito, pur conservando caratteristiche di semplicità e immediatezza nello svolgimento, si svolgeranno in modo tale da mantenere sempre desta l’attenzione dello spettatore, soprattutto in prossimità delle interruzioni pubblicitarie, che non dovranno indurre a cambiare canale. In modo molto sottile, la sintassi di questo lungometraggio è costruita rispettando i codici delle soap romantiche.
La narrazione procede attraverso capitoli titolati che costruiscono, in maniera precisa, l’evoluzione del rapporto tra Charlotte e Veronica. Di tanto in tanto, una voce-off interrompe il naturale flusso della vicenda attraverso delle parentesi in bianco e nero che ci permettono di mettere a fuoco le due individualità e allontanare dubbi e perplessità sulle loro condizioni esistenziali. Il profilo psicologico di entrambe viene definito più per sottrazioni che manifestazioni palesi.
La riuscita della pellicola, però, risiede non tanto nell’impalcatura narrativa quanto nello stile utilizzato. La macchina da presa, quasi sempre a mano, sporca continuamente le anime dei due personaggi principali amplificando lo squallore delle loro abitazioni e della loro conodotta di vita. Nello stesso tempo, ci fa dimenticare che la maggior parte delle scene avviene in interni evitando qualsiasi disturbo claustrofobico. Qualcosa da ridire sui non protagonisti della storia (la madre di Veronica e il compagno di Charlotte) poco funzionali all’intreccio della storia. Il tono della pellicola alterna momenti comici e tragici con una soave naturalezza.
regista: Pernille Fischer Christensen
attori: David Dencik – Veronica ; Trine Dyrholm – Charlotte; Elsebeth Steentoft – Madre di Veronica; Frank Thiel – Kristian
sceneggiatori: Kim Fupz Aakeson; Pernille Fischer Christensen
dir. fotografia: Erik Molberg Hansen
aut. musica: Magnus Jarlbo
montatore: Åsa Mossberg