Una donna anziana comincia a ricordare. Intorno a lei – su una scena molto semplice che prevede una porta e un perimetro fatto di coperte e stoffe colorate impilate – iniziano a muoversi altri personaggi: un uomo (Walter) la presenta al figlio Leo e alla moglie Caro: è Emilia, la bambinaia che lo ha allevato. La famiglia ha da poco compiuto un trasloco e l’incontro con Emilia avviene in un clima in cui si mescolano cordialità e tensione, sorrisi forzati e attriti non ben dissimulati. La bambinaia ricorda eventi del passato che Walter aveva scordato, forse anche volontariamente: alcuni di questi ricordi – la timidezza, la solitudine, l’esclusione dai giochi di squadra – non sono piacevoli. Sono quel genere di ricordi che, una volta diventati adulti, si tende ad occultare. All’angolo della scena c’è un altro personaggio, un uomo che rimane lungamente muto. Poi anche questo personaggio inizia a parlare, a ricordare. E anche lui entra in scena. È il primo marito di Caro e padre di Leo, venuto a far visita alla ex moglie. Il suo arrivo fa salire la tensione: poco più avanti, il tutto sfocerà in un finale altamente drammatico.
Costruito intorno a una enigmatica struttura temporale (la bambinaia inizia ricordando il passato, ma è allo stesso tempo inserita nel presente), il testo di Claudio Tolcachir si offre alla possibilità di una pluralità di interpretazioni. Sappiamo che la memoria è anche – inevitabilmente – dimenticanza, che i ricordi modificano, deformano, la realtà vissuta. L’apparenza, così vivida e concreta, degli eventi che vediamo in scena potrebbe allora essere ingannevole.
La mia ipotesi di lettura è che padre e figlio – malgrado abbiano nomi diversi – siano la stessa persona. La scena che potrebbe fornire la chiave di questa lettura è quella in cui il padre, giocando col figlio, chiede più volte se questi sia “hombre o nene?” (uomo o bambino?). I due condividono, del resto, vari tratti: la timidezza, l’isolamento. In altre parole, quello a cui noi assistiamo non sono eventi vissuti da Walter: noi siamo dentro la mente di Walter che ricorda (e, allo stesso tempo, cancella e deforma) gli eventi che ha vissuto e crea quelli che non ha vissuto. Emilia, a un certo punto, ricorda che, da bambino, Walter veniva sempre lasciato in panchina durante le partite: lui non ricordava questo fatto (anzi, continua a negarlo). Ma forse Walter è un uomo che ha vissuto in panchina non solo le partite ma tutta la vita: ha davvero una moglie o se la sta immaginando? Le somiglianze tra la moglie che vediamo in scena (è una donna che spesso si estrania dalla situazione rimanendo silenziosa e assente) e la madre evocata dai ricordi fanno pensare che il personaggio della moglie sia un personaggio fittizio creato dalla mente di Walter utilizzando caratteri della madre. Se i personaggi sono visti in questo modo l’evento conclusivo assume un significato diverso da quello apparente (non un atto che Walter compie al presente, ma la memoria di un atto compiuto nel passato che si ripresenta, deformato, al Walter adulto…).
Emilia è un’opera emozionante che, dietro toni che alternano dramma e commedia, nasconde fin da subito un fondo disagevole per lo spettatore, “costretto” ad assistere a una situazione che, sotto l’apparente e ingannevole cordialità dei sorrisi e degli abbracci che i personaggi si scambiano, si rivela immediatamente problematica. È dunque un lavoro che (dopo Il caso della famiglia Coleman, passato al Piccolo qualche stagione fa) conferma il talento di Claudio Tolcachir, autore e regista dello spettacolo, specialista nell’indagare i drammi e le patologie familiari e il complesso funzionamento della memoria. Di notevole spessore è non solo il testo ma anche il lavoro compiuto con gli interpreti – Elena Boggan (Emilia), Carlos Portaluppi (Walter), Adriana Ferrer (Caro), Francisco Lumerman (Leo) e Gabo Correa (Gabriel) – la cui prova si rivela di grande intensità.
“Emilia”
Scritto e diretto da Claudio Tolcachir.
Con Elena Boggan, Gabo Correa, Adriana Ferrer, Francisco Lumerman e Carlos Portaluppi.
Produzione Timbre 4, in coproduzione con Centro Cultural San Martin de Buenos Aires e Festival Santiago a Mil, Cile, in collaborazione con Teatro Pubblico Pugliese, in collaborazione con SIA Società Italia-Argentina. Coordinamento e distribuzione Aldo Miguel Grompone, Roma.
(spettacolo in lingua spagnola con sovratitoli in italiano)
Visto il 10 aprile 2015 al Piccolo Teatro Grassi di Milano