Gran Premio Torino
A Torino per ritirare il Gran Premio Torino, assegnato alla casa di produzione American Zoetrope, Francis Ford Coppola racconta di Tetro (titolo italiano Segreti di famiglia, in uscita nelle sale italiane il 20 novembre) e del suo rapporto con il cinema, la famiglia, la musica. Mai sentito parlare, per esempio, di un “concerto alla Gregory Peck”?
Francis Ford Coppola è puntualissimo, disponibile, sorridente. “Mi sento molto italiano perchè ho tre nonni di Napoli e uno della Lucania, sento la forza che gli immigrati hanno dato agli Stati Uniti d’ America , un paese in cui gli immigrati hanno avuto la possibilità di espriemere il proprio talento“.
Si stupisce che i giornalisti chiedano il perchè dello struggente bianco e nero di Tetro – Segreti di famiglia, un film complesso ed emozionante, presentato a Torino in anteprima italiana.
“Mi stupiscono sempre – esordisce Coppola – le domande sul perchè del bianco e nero. Perchè è una forma bellissima di arte, non solo cinematografica, ma prima ancora fotografica. Tetro è un film ricco di contenuti emotivi e volevo cercare di narrarlo nel modo più realistico possibile, ma anche con realismo poetico. Il bianco e nero è la forma che più si addice a questa storia e in generale alle storie in cui si mescolano dramma e poesia. Per quanto riguarda l’uso dei colori negli stacchi sui ricordi, volevo ricordar i colori un po’ sbiaditi dei filmini famigliari, ed è per questo che quelle scene sono state girate con telecamera a mano, per dare quella caratteristica intimità tipica dei ricordi di famiglia“.
La fotografia di Tetro è in alta definizione, che introduce a una riflessione su presente e futuro del cinema: “Riconosco che il futuro è questo, ma restano importanti la qualità degli obiettivi e l’occhio del direttore della fotografia. Credo che la forma del cinema sia qualcosa che non possiamo immaginare, che ci saranno sempre le sale cinematografiche, ma saranno diverse da come le immaginiamo oggi. Il cinema è linguaggio e come ogni linguaggio muta nel tempo. Tra trenta o quaranta anni il linguaggio del cinema sarà profondamente cambiato rispetto a oggi. La Zoetrope ha contribuito ai cambiamenti, per esempio creando la figura del sound designer, che prima non esisteva, ma il cinema appartiene al mondo e le innovazioni possono nascere in qualsiasi paese. Il cinema commerciale vuole fare soldi, io ne ho fatti tanti e ne ho persi tanti, ma chi vuole fare cinema deve anche avere il coraggio di rischiare. Quelli che credono che saranno tecnologia e 3D a risolvere i problemi del cinema non si rendono conto che la soluzione non sarà quella“.
Un padre autoritario (Klaus Maria Brandauer) e due fratelli (Vincent Gallo e l’esordiente Alden Ehrenreich) per un dramma sulle lacerazioni famigliari, prima sceneggiatura originale di Coppola da trent’anni a questa parte. Qualche elemento autobiografico c’è anche se il padre in Tetro “è inventato e si basa molto sul mito del padre come figura onnipotente, che attraversa la storia dell’uomo, dai miti greci fino a Shakespeare, Eugene O’Neill o Tennessee Williams. Ed è molto diverso da mio padre, mentre avevo già affrontato il rapporto tra fratelli in Rusty il Selvaggio, nel quale evidentemente non avevo esaurito l’argomento che qui sviluppo ulteriormente. Tra l’altro inizialmente Tetro doveva essere interpretato da Matt Dillon (N.d.R. protagonista di Rusty il selvaggio nel 1983) che poi ha dovuto rinunciare per esigenze di produzione“.
Le musiche sono un elemento fondamentale in Tetro, girato quasi interamente a Buenos Aires: “Ho scelto il giovane compositore Osvaldo Golijov, che ha una formazione classica, ma ma sperimetare ed è nato in Argentina. Tetro ha due tipi di musica: quella più folkloristica, con la fisarmonica e il basso, ma senza tango per scelta e una parte più sinfonica nei concerti e nei balletti. Volevo che ci fosse un sapore argentino e anche quella musica che mio padre definiva un ‘concerto alla Gregory Peck’, cioè una cosa che non esiste ma è il tipo di musica creata per film in cui un giovane compositore squattrinato si innamora di una ragazza, ma non ha soldi e non riesce a diventare famoso. Così la ragazza è costretta a sposare un altro e alla fine c’è una scena in cui il compositore ha finalmente raggiunto il successo mentre lei in platea assiste al concerto accanto ad un marito che non vuole. Insomma, quella finta musica classica artificiale inventata per quel tipo di cinema. Scarpette Rosse si chiude, ironicamente – conclude con un sorriso – proprio con un concerto alla Gregory Peck“.
Foto a cura di Ada Guglielmino Copyright © NonSoloCinema.com – Ada Guglielmino