La Collezione Peggy Guggenheim di Venezia ospita dal 28 ottobre 2006 al 5 febbraio 2007 la prima mostra antologica in Italia della scultrice francese Germaine Richier (Grans, Arles 1904 – Montpellier 1959). Nel 1996 la Fondazione Maeght presentò a Saint Paul – Francia – la prima mostra retrospettiva di questa grande artista. Ora a Venezia è ancora più ampiamente rappresentata la creatività della Richier, nel magico contesto artistico e naturale della Guggenheim.
Luca Massimo Barbero ha selezionato 60 opere tra sculture in bronzo, piccoli gessi, litografie e disegni, tratteggiando le opere in chiave cronologica. Peggy Guggenheim si invaghì dell’arte di Germaine ospitandone nel suo giardino la “La tauromachia”(1953) che tuttora colpisce il visitatore. L’opera è un eloquente biglietto da visita che prepara allo stupore della carica visionaria e surreale della Germaine.
La sua scultura, spogliata dalle forme retoriche e classiche di Rodin e Maillot, si immerge nel dinamismo tormentato degli anni della prima metà del Novecento, fotografandone lo scetticismo, gli ardori, la belluinità, lo sconforto e le inevitabili aperture alla speranza. Assieme a Giacometti e Marino Marini, la Richier dà vita ad un anticlassicismo in cui l’umanità si fonda con la natura, assumendone i tratti e il mistero dell’origine e dei suoi destini.
Si assapora nell’immersione delle sue opere il clima materico e luminosamente poetico di un formale-informale richierano. I suoi bronzi gocciolano di sofferenza e di vitalità, di heiggeriano vigore nell’essere per la vita e per la morte e insieme d’angoscioso ma non pessimistico incedere kirgegaardiano. Osservando le sue sculture, specie quelle raffiguranti “la schermitrice” “la cavalletta” e “l’uomo-foresta” si ricevono le sensazioni predette e in più si intercetta la sua filosofia del movimento. “Cerco – ella scrive – piuttosto di suggerirlo. Le mie sculture devono dare l’impressione di essere immobili e allo stesso tempo di essere in procinto di muoversi”.
Contemplando il suo “Cristo di Assy” (1950) appaiono sterili e inadeguati gli strali di un conservatorismo religioso che la accusava di aver deformato l’arte sacra. La potenza di quel volto – sintesi miracolosa della sofferenza e dell’assoluta dedizione all’estremo sacrificio di sé – costringe alla meditazione e alla preghiera. Lei stessa confessava, rispondendo ad ogni punzecchiatura polemica: “Se non fossi stata credente, non avrei accettato di realizzare Cristo”. Ricca di questa sua fede non solo la fa penetrare nell’arcano percorso del soprannaturale, ma pure la illumina nel tradurre nel bronzo il sofferto o il gaudioso destino dell’uomo.
Esalta l’umanità con “la tauromachia” immettendola nell’arcadia della natura; richiamando nel “L’Uomo – Foresta” la sua origine silvana e vegetale. I critici sono unanimi nel definire la sua opera come la riscoperta del mondo umano e della natura in una sintesi dell’ibrido e del contemplativo.
Germaine dovette ricorrere ad un’inventiva tutta sua per creare il senso della leggerezza e del moto nelle sue opere. Esemplare il bronzo del “Pipistrello”(1946) ottenuto adottando la tecnica della stoppa intrisa nel gesso per realizzare le ali. Di notevole aiuto le è stato il grande fonditore Lucine Thinot.
Attraenti ancora le opere di piccola dimensione in materiali diversi: vedi la clessidra, il combattimento, il ragno, il diavolo. I fili tesi creano luci e ombre e il ritmo dell’azione o la fuga dello slancio. Molto interesse suscita la scacchiera piccola formata da 5 personaggi: il Re, la Regina, il Cavallo, la Torre e l’Alfiere, collocati su una base ricavata da un pezzo di ferro. Anche qui regna sovrana la ricerca della mobilità ma frenata da una meditata concentrazione statica.
Esempio classico della sua scultura della mobilità è il bronzo patinato de “La Montagna”. Scultura destinata a collocarsi all’aperto per la presenza della vasca del torso: simbolo nell’insieme dell’unione tra l’uomo e la natura ottenuta dalla presenza di fili possenti o sottili, febbrili sottolineature dei messaggi visibili o sotterranei dell’uomo, novello re ricreatore o despota distruttore della natura.
“GERMAINE RICHIER”
dal 28 ottobre 2006 al 5 febbraio 2007Venezia, COLLEZIONE PEGGY GUGGENHEIM
Dorsoduro 701 (30123)
INFO: 041 2405411 (tel), 041 5206885 (fax)
[info@guggenheim-venice.it->mailto:info@guggenheim-venice.it]www.guggenheim-venice.it
Orario: 10.00-18.00; chiuso il martedì
Vernissage: 28 ottobre 2006.
Curatori: Luca Massimo Barbero