“I PRIMI 10 CASI DELL’ISPETTORE BERT” DI ROBERTA BORGHI

Racconti in dramma come una granita nella calura

Funzionano in letteratura, al cinema, in televisione e nei fumetti. Perché non dovrebbero funzionare anche a teatro? Giusto.

L’ha pensata bene, Roberta Borghi: perché infatti funzionano anche a teatro.

Che cosa? Le storie di poliziotti e ispettori e commissariati di paese. Almeno sulla carta, sì, funzionano: al momento sono drammaturgie (per la precisione “Divertenti racconti in dramma. Drammaturgie raccontate di piccoli crimini quotidiani insoliti. Per ragazzi, bambini-adulti e adulti bambini”) e ancora non sono state portate in scena.

Ma I primi 10 casi dell’Ispettore Bert si fanno, intanto, leggere tutti d’un fiato. Come una granita durante la calura. Mica come un complicato semifreddo farcito, guarnito, preparato, che per mangiarlo servono un piattino e una forchetta, e magari un tovagliolo per pulirsi: una cannuccia e via; semplici, onesti e diretti, come una granita.

Bert è un po’ come ce lo aspettiamo: rassicurante perché dentro all’immaginario collettivo dell’ispettore nella sua pacatezza, nella sua indole un po’ taciturna, nella sua intelligenza sveglia. E anche l’Appuntato, nome proprio e qualifica – in comunione tra polizia e carabinieri – riconoscibile lo è pure lui, un po’ più tontarello, uomo medio attanagliato dal duo moglie-suocera, ma indispensabile Watson per la risoluzione dei casi. Bert pensa, l’Appuntato fa. Più o meno.

Poi c’è l’Autrice. Che interviene spesso in dialogo con il lettore e gli spiega la scena che si trova davanti, oppure lo aspetta giusto il tempo di lasciargli immaginare l’interno di un’ambasciata; che lascia tanti puntini di sospensione su cui far accomodare chi legge, come un tappetone di palline gonfiabili dentro alle quali rotolarsi, come da bambini.

E poi ancora ci sono loro: i protagonisti dei singoli casi. Una vecchietta gattara, un riccone sfondato, un barista mariuolo, ma anche un serial killer, un poliziotto corrotto, un netturbino ecoterrorista… un’umanità inventata ma vicina, molto comune, molto quotidiana.

Cosa rende diversi Bert e i suoi casi dai tanti ispettori di polizia così amati dal pubblico? Primo: Bert risolve i casi prima di trovare le prove. Il suo intuito non sbaglia mai, i colpevoli confessano ancor prima di sentirsi inchiodati dall’evidenza dei fatti. Secondo: i casi di Bert mica sono tutti tutti normali. Passi per “normale” – giallisticamente parlando – il ritrovamento di nasi e orecchie nei pacchi delle merendine -; ma vogliamo mettere la sfida di ritrovare un milione di vermi misteriosamente scomparsi? O di riaggiustare le parole in bocca alle persone che pranalo tottu sgabliato a causa di un abbecedario offeso? Terzo: c’è ironia. È tutta leggera, lieve; non ci sono battute sguaiate o volgari: è l’ironia più complessa, quella che nasce dalle situazioni e non solo dal linguaggio. È molto brava, Roberta Borghi, a immergere il suo seriorissimo Bert in questa atmosfera, e ad accompagnarci con lui attraverso il trucido e il criminale, dosando bene il sorriso e la sorpresa.

E una ulteriore sorpresa sarà, se ci sarà, sul palcoscenico; mondo che l’autrice conosce bene, da regista qual è. Nel frattempo, attendiamo i nuovi casi di Bert. Che ha il potenziale per diventare amatissimo. E serialissimo.

“I Primi 10 Casi dell’Ispettore Bert”, di Roberta Borghi, formato Kindle euro 6,18 in vendita su www.amazon.it