La vicenda, il soggetto, la stesura del Barbiere di Siviglia andato in scena fino al 4 Gennaio al teatro Malibran di Venezia, è così nota che per questa volta vogliamo parlare interamente dello spettacolo in sé e per sé.
Innanzitutto bisogna menzionare il direttore, Marcello Viotti, che alla giuda di una brillante orchestra del Teatro la Fenice ha saputo avvicinarsi a quel Rossini che raramente si sente eseguire. Per fare un esempio, nel finale primo mi par d’esser con la testa, invece dei frequenti crescendo che più che mettere in risalto la pulizia e la nitidezza della partitura la appesantiscono creando una sorta di boato che non permette ai cantanti di esprimersi al meglio e li porta a gridare e agli spettatori a capire ben poco, Viotti isola ogni singolo strumento e lo evidenzia facendolo restare a sé stante, recuperando così una pulizia e dando una chiarezza che, ripeto, raramente si sente eseguire.
Ottimo anche il cast, composto in prevalenza da rossiniani puri.
Antonino Siragusa è un grande conte d’Almaviva, di chiaro accento rossiniano la sua voce risalta brillante in ogni situazione, ma al tempo stesso colora dolcemente ogni tinta come nella serenata per la dichiarazione a Rosina. Di altissimo livello anche il don Bartolo di Bruno De Simone, anch’egli già avvezzo alla parte e quindi abile conoscitore dei più buffi motteggi che deve avere il suo personaggio. Sa plasmare ottimamente canto e recitazione e a tratti fare divertire e ridere nel vero senso della parola.
Laura Polverelli, delinea nella sua Rosina malizia, perfidia e civetteria che la fanno ben figurare in mezzo al cast prettamente maschile, grazie anche ad una solida impostazione vocale e a un buon controllo di fiato anche nel registro più acuto.
Nicolaj Ghiaurov, don Basilio, non ci sentiamo di giudicarlo per la sua prestazione perché mancheremmo di riguardo a colui che è stato un grandissimo basso, di notevole potenza vocale e presenza scenica.
Il Figaro di Piero Guarnera, forse per una lieve indisposizione, sembra non essere così padrone del proprio ruolo e personaggio attivo all’interno dell’azione scenica, il suo canto a volte risulta un po’ debole soprattutto nelle parti corali.
Simpatica la governante Berta di Giovanna Donadini.
Il coro, diretto da Piero Monti, malgrado la parte esigua è sempre preciso e attento.
La regia curata da Bepi Morassi è sobria e volta a sottolineare i recitativi. Non difetta di grosse pecche a parte la conclusione dell’opera con torta e sorpresa. In ciò è ben aiutato da Lauro Crisman che modella nella scenografia una elegante casa borghese senza però eccedere nello sfarzo e unendo ad essa dei bei costumi settecenteschi.
Grande consenso da parte del pubblico e, per concludere, ancora una menzione a Marcello Viotti che ci ha dato una versione ripulita e corretta del capolavoro rossiniano.
Il Barbiere di Siviglia – Dramma comico in due atti; libretto di Cesare Sterbini; Musica di Gioachino Rossini;
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice diretti da Marcello Viotti; Regia di Bepi Morassi; Scene e costumi di Lauro Crisman