“IL PONTE DI SAN LUIS REY” DI PAOLO POLI

"Il ponte di San Luis Rey", novità di Paolo Poli, ovvero come ripercorrere a ritroso le vicende umane dei protagonisti di una tragedia

I toni scanzonati e dissacratori della messa in scena ricavata dal romanzo di Wilder non appannano il fondo di profonda umanità e di cui è intessuta l’opera letteraria.

VENEZIA – Si apre e si conclude con un valzer di monache, dalle vesti veramente firmate, nei cui risvolti possiamo trovare accostamenti di tonalità che spaziano dal candore del bianco al beige sino al caffelatte, il nuovo spettacolo di Paolo Poli, “Il ponte di San Luis Rey” due tempi tratti dall’omonimo romanzo di Thornton Wilder, che ha inaugurato la stagione del “Goldoni”.

A capitanarle ovviamente, l’inossidabile Paolo Poli che ha costruito, nel segno della ricercatezza e del buon gusto, una messa in scena raffinatissima: centrale è il tema della memoria, caro allo scrittore statunitense che traeva pretesto dalla morte di cinque persone nel crollo di un ponte, per affrontare, ripercorrendo a ritroso la vicenda umana degli scomparsi, i grandi temi del senso della vita e del ruolo della fede come valori spirituali dell’uomo moderno: Paolo Poli rivisita il tutto salvando dell’umanità di Wilder soprattutto le opere di misericordia di madre Pilar (la monaca interpretata dallo stesso Poli, che si fa carico anche del personaggio del capocomico zio Pio) e rileggendo la vicenda alla luce dei toni scanzonati e dissacratori, così connaturati al suo essere uomo di spettacolo, che toccano vette insuperabili in certe battute sulfuree.

Ma sono i diversi apporti tutti di elevatissimo livello professionale (dai costumi ricercati di Santuzza Calì, che si diletta di vestire pure i simulacri di un’improvvisata processione, alle luci di Francesco Barbagli) a fare de “Il ponte di San Luis” un vero e proprio gioiello: si perde persino il conto dei fondali disegnati da Emanuele Luzzati per ricreare i diversi ambienti in cui si consuma una vicenda contrassegnata dall’alternanza di miseria umana e generosità in un percorso accidentato che ci consente di passare in rassegna accanto ai contraddittori comportamenti di una sfilza di notabili (nobili, alteri prelati e militari) anche gli stati d’animo di una congerie di veramente varia umanità.

I toni incalzanti, sempre sul filo del paradosso da cui sgorga il contrasto che dà vigore all’azione teatrale, caratterizzano un percorso che attinge al ricco bagaglio di esperienze di altri due attori che affiancano un Paolo Poli, meno assiduo in scena del consueto: Ludovica Modugno è un’attrice ambiziosa e consumata (eccezionali la scena di “teatro nel teatro” sulle orme di Calderòn de la Barca e i suoi duetti con zio Pio – un Paolo Poli che veste addirittura i panni del diavolo – strenuo sostenitore delle sue prospettive di carriera), mentre Mauro Marino si rivela abilissimo caratterista, dividendosi fra diversi personaggi (la marchesa ubriacona, il cinico arcivescovo, che non si capacita di come i poveri possano provar dolore sprovvisti come sono di vaste letture, e il capitano) con encomiabile mestiere.

Le musiche di Jacques Perrotin assicurano all’insieme quel ritmo, talora forsennato (spesso gli attori sono costretti nel giro di qualche minuto a cambiare costumi a dir poco impegnativi) presenza costante di ogni spettacolo dell’uomo di teatro fiorentino. E la provocatoria domanda di madre Pilar con cui si apre la messa in scena, se il Signore con queste morti intenda punire i malvagi o chiamare a sé gli innocenti, alla fin fine non ci lascia in pace per un’ora e mezza. Nonostante le risate, a volte squillanti del pubblico, e il consueto corollario di canzoncine e poesie (stavolta ovviamente è stata coinvolta l’intera compagnia) che segna il congedo di Poli dagli spettatori nei siparietti che si susseguono per qualche minuto alla fine dello spettacolo.

Applausi anche per gli altri attori (Alfonso De Filippis, Alberto Gamberini, William Pagano e Giovanni Siniscalco) che completano la distribuzione.

Testo di Paolo Poli dal romanzo “Il Ponte sul San Luis Rey” di Thorton Wilder
Regia: Paolo Poli
Con: Paolo Poli, Ludovica Modugno, Mauro Marino
e con Alfonso De Filippis, Alberto Gamberinni, William Pagano, Giovanni Siniscalco
Scene: Emanuele Luzzati
Costumi: Santuzza Calì
Musiche: Jacquelin Perrotin
Coreografia: Alfonso De Filippis e Claudia Lawrence