Indubbiamente quest’opera si conferma come una delle più intense del panorama verdiano, quella che insieme al Rigoletto e a La traviata fa parte della cosiddetta trilogia popolare. Un’opera che già alla prima rappresentazione assoluta, il 19 gennaio 1853 al Teatro Apollo di Roma, fu un grande successo. Così ne scrive Julian Budden, importante musicologo e critico musicale inglese: “Con nessun’altra delle sue opere, neppure con il Nabucco, Verdi toccò così rapidamente il cuore del suo pubblico”.
Il Trovatore già il 15 settembre, sempre del 1853, esordiva alla Scala di Milano e il 26 dicembre approdava alla Fenice di Venezia, mentre negli anni successivi era prima a Parigi, poi a New York e a Londra. Questo conferma, una volta di più, l’impatto emotivo e l’efficacia di questa opera con il libretto scritto da Salvatore Cammarano (autore di altre opere verdiane, come Luisa Miller e La battaglia di Legnano, ma soprattutto della Lucia di Lammermoor di Donizetti), dal dramma Il trovador di Antonio Garcia Gutierrez.
Si diceva prima del maestro Rustioni, a lungo applaudito alla Fenice, che si conferma come uno dei direttori giovani più promettenti del momento. Apprezzata anche la regia di Lorenzo Mariani e le scene di William Orlandi. Nella maggior parte delle scene emerge sullo sfondo una luna smisurata che cambia di colore a seconda dei vari momenti del dramma: diventa d’argento quando Leonora canta la “placida notte”, ma diventa rossa come il fuoco nei momenti caldi della vicenda.
Efficace anche l’Orchestra e il Coro della Fenice che si accende in uno dei momenti più esaltanti dell’opera, quando si canta “Chi del gitano i giorni abbella?”, uno dei brani famosi de “Il Trovatore”, dal ritmo vivace e dove la genialità di Verdi ha inserito anche i martelli che battono sulle incudini.
Molto applaudito ed apprezzato (forse è più giusto dire il più applaudito) il tenore Gregory Kunde interprete del ruolo di Manrico che si è destreggiato molto bene nella celeberrima cabaletta “Di quella pira” e in altri ardui passaggi. Grande entusiasmo anche per il mezzosoprano Veronica Simeoni, che interpretava Azucena, uno voce fresca che dava però intensità misteriosa al suo ruolo di zingara, davvero splendida in “Stride la vampa”, altro brano famoso dell’opera.
Bene anche gli altri interpreti, il baritono polacco Artur Rucinski nel ruolo di Conte di Luna, il soprano Carmen Giannattasio che interpretava Leonora e il basso Roberto Tagliavini nel ruolo di Fernando.