‘IL TRUCCO E L’ANIMA’ DI Angelo Maria Ripellino

Il trucco e l'anima: i maestri della regia nel teatro russo del '900

Il trucco e l’anima è un classico, ma un classico anomalo: è un saggio (si sa, eccetto alcuni celebri casi la saggistica resiste meno della narrativa al corso del tempo) ed è scritto in tempi relativamente recenti. Tuttavia lo si può ritenere una pietra miliale per lo studio della Storia del teatro e, in modo particolare, per la storia del teatro russo del’900.

Il trucco e l’anima è un classico, ma un classico anomalo: è un saggio (si sa, eccetto alcuni celebri casi la saggistica resiste meno della narrativa al corso del tempo) ed è scritto in tempi relativamente recenti. Tuttavia lo si può ritenere una pietra miliale per lo studio della Storia del teatro e, in modo particolare, per la storia del teatro russo del’900. A. M. Ripellino (19223- 1978 ), celebre slavista, è stato uno tra i pochi studiosi che si sia è interessato al mondo teatrale russo, potendo attingere direttamente alle fonti in lingua originale. Questo aspetto, che potrebbe sembrare secondario, è, al contrario, fondamentale per cogliere nella sua unicità questo straordinario saggio. Se tutt’oggi sono scarse le notizie certe sui grandi personaggi del teatro russo novecentesco- e mi riferisco a Mejerchold, Stanislavskij, e Vachtangov- negli anni ’60, quando il volume fu pubblicato, se ne sapeva ancora meno perchè la situazione politica russa aveva preteso il silenzio totale su questi artisti che si erano legati, in modo diverso, alla rivoluzione d’Ottobre. Forse solo Stanislavskij era conosciuto in modo più completo, ma Vachtangov e Merjerchold erano pressochè sconosciuti. Il testo di Ripellino aprì una breccia in un mondo nuovo dando in imporantisso contributo alla storia del teatro del ‘900.

Il mondo russo del primo ‘900 è affascinante: Stanislavskij ‘inventa’ la regia teatrale con il progetto del Teatro d’arte drammatica nel 1897 che presenterà ed esigerà sulla scena la massima adesione al vero.L’autore che Stanislavskij predilige è Cechov ed è proprio nell’allestimento dei testi di questo drammaturgo che realizzerà quella esasperata ricerca del vero che Ripellino definisce come teatro della bottega delle minuzie. Tutavia c’è un altro Stanislavskij, quello che nel 1905 fonda con Mejerchold il Teatro-Studio in cui lavora sui testi simbolisti di Maeterlinck come L’oiseau blue, sperimentando un mondo onirico e lontano dallaconvenzionale lettura che si di questo importante esponente del teatro del ‘900.

I più importanti attori e registi russi, Vachtangov e Merjerchold, si formano alla Teatro d’arte per poi dedicarsi a forme di teatro sperimentale in cui rivive la Commedia dell’arte riletta da Carlo Gozzi, Hoffmann e dai romantici Tick e Maeterlinck. Demonia delle maschere, marionettismo sono gli ingredienti degli spettacoli di Mejerchold e di Vachtangov. Il giorno che scoppia la rivoluzione d’ottobre si sta allestendo Balagancik (il carrozone) uno spettacolo che Merjerchol realizza con Bloch. Ripellino definisce questa nuova fase del teatro russo come quella del teatro del succo di mirtillo che gocciola, nella sua palese falsità, dal corpo ferito di un pagliaccio. Vachtangov chiude la sua breve carriera nel 1922 con la Turandot di Gozzi, allestita con l’idea di mostrare quantoil teatro altro non sia che un gioco: un’orchestra fatta di oggetti strampalati, vecchi paralumi e asciugatoi come costumi. Ogni cosa era volta a dimostrare il rovescio dello spettacolo e lo spettacolo doveva apparire come la recita di dilettanti i fatta per riempire un pomeriggio di una giornata invernale.

Vachtangov sta morendo mentre i suoi attori recitano il suo capolavoro, non assiste alla prima, ed è Stanislavskij, che si precipita a rendergli omaggio entusiastico, a narrargli del successo di quel suo lavoro così strano. Vachtangov, morendo nel 1922, sfugge alla repressione stalinista che impone un teatro di regime. Mejerchold riesce asopravvivere finchè Stanislavskij lo protegge, ma, con la morte del regista, Meyeerchold viene perseguitato e ucciso in circostanza ancora misteriose.
Il teatro russo, forse perchè avvolto nel mistero, fornisce una straordinaria materia che Ripellino trasforma in un romanzo in forma di saggio, arricchendo una sostanza incredibilmente affascianante con una forma poetica che conosce bene chi ha letto Praga Magica o le poesie di Ripellino.

“Il trucco e l’anima”, Angelo Maria Ripellino, Einaudi, 2002, 424 pag., 18,50 euro