Paul Weitz realizza un altro film su un giovane uomo alle prese con la solitudine e le insicurezze in un America che sembra aver dimenticato i suoi veri principi
Dan Foreman, uomo di mezza età con una famiglia invidiabile, direttore del reparto vendita spazi pubblicitari per la grande rivista Sports America, viene di punto in bianco scalzato dal suo posto quando la società viene acquistata da una grande compagnia, e sostituito da Carter Duryea, un giovane che ha la metà dei suoi anni e diventa suo capo. Carter non è ben visto, temuto per i numerosi licenziamenti a cui lo costringono le leggi del mercato, e Dan certo non ama il suo rimpiazzo, che ai suoi occhi altro non è che un parvenu senza alcuna esperienza. Carter, all’apparenza vincente, è invece però molto solo e insicuro, e trova affetto nella figlia diciottenne di Carter, Alex: relazione ovviamente nascosta al padre…
Nonostante quello che potrebbe suggerire la trama, che presenta tutti gli ingredienti giusti per mettere in scena una frizzante commedia, Weitz sceglie ancora una volta come in “About a boy” il tono agrodolce, stavolta però con qualche leggera caduta di ritmo: in fondo la storia parla ancora di un giovane uomo che si ritrova suo malgrado ad essere man, e non boy, e non sembra più di tanto apprezzare il mondo adulto che lo circonda. Topher Grace è davvero bravissimo a disegnare il suo personaggio, Carter, nelle sue insicurezze e nella sua infelicità sommessa, che non è mai resa col pianto bensì con un costante buonumore forzato, un sorriso ingenuo sempre velato da una sottesa malinconia; nonostante quel che è stampato a grandi lettere in trailer e locandine, è Carter-Grace il vero protagonista della storia (Dan-Quaid è più che altro una sorta di maestro che impartisce una lezione di vita, e Scarlett Johansson in fondo si ritrova in un ruolo di contorno non certo “da diva” quale ci si potrebbe aspettare).
Love-story compresa, l’intera vicenda gravita attorno alla solitudine di Carter e più in generale di tutti i protagonisti, che appaiono come abbandonati da un’America pronta a strappare in men che non si dica ciò che ha concesso in un tempo altrettanto breve, e che sembra aver dimenticato l’importanza dell’individuo e della sua felicità, sulla quale si era fondata, sacrificandola al dio-denaro: la stessa irragionevolezza del sistema viene esemplificata dal personaggio di Morty, vecchio collega di Dan, prima licenziato quando la moglie ha un aumento e poi riassunto quando la moglie perde il lavoro.
Weitz realizza un altro film su un ragazzo (about a boy) che si sente irrimediabilmente solo – in entrambi i film si cerca di trovare una famiglia, di essere in good company – in ricerca di qualcuno o di qualcosa che dia alla sua vita un significato speciale e brillante, che non riesce a trovare nel successo a lungo inseguito; non a caso dice ad Alex, incerta sul suo futuro universitario: “No, non fare economia, è meglio scrittura creativa”. Tutti sentono il bisogno di maggiore freschezza, di vivere in un mondo più puro e più sincero, come sembra suggerire lo sbotto di Dan al pomposo e vacuo discorso del tycoon Teddy K, che a lungo ripete la parola sinergia come se da sola bastasse ad avvicinare le persone. Bella colonna sonora. Il nome di Topher Grace dovrebbe essere subito annotato da chiunque a Hollywood avesse un po’ di buon senso.
Titolo originale: In Good Company
Nazione: U.S.A.
Anno: 2004
Genere: CommediaDurata: 109′
Regia: Paul Weitz
Sito ufficiale: www.ingoodcompanymovie.comCast: Dennis Quaid, Topher Grace, Scarlett Johansson, Marg Helgenberger, David Paymer, Clark Gregg, Selma Blair
Produzione: Depth of Field
Distribuzione: Bim
Data di uscita: 25 Marzo 2005 (cinema)