Senza voler esordire con qualche affermazione provocatoria, mai così tanto un’opera sembra voler sollecitare l’ascoltatore nel farsi seguire in una rappresentazione in forma concerto. Sarà pure per colpa dei limiti oggettivi di un libretto spesso prolisso e per questo sin troppo descrittivo, oppure per la potenza di una musica talmente prorompente da bastare da sola ad alimentare la vicenda in corso, ma l’idea di una scena che si caratterizzi per la sua essenzialità e che consenta di non interferire con la natura del capolavoro mozartiano sembra essersi consolidata persino nell’intenzione di Alessandro Talevi, regista di questo Idomeneo Re Creta.
Così la nuova produzione del Teatro La Fenice concentra le sue forze in una serie di elementi scenici minimi ma carichi di infinite simbologie che vengono rivelate sulla scena allo scorrere della drammaturgia e che periodicamente ritornano in continuo dialogo con la musica.
Immediato, ad esempio, il riferimento al cavalluccio a dondolo per esaltare la tensione che divide Troiani e Cretesi, oppure il repentino cambio di scena per mezzo di un fondale a diaframma che consente di riportare la scena ad una ritrovata essenzialità dopo esser passati per l’esuberante catalogazione di elementi marini che caratterizza l’ambientazione del protagonista. Un Idomeneo inconsueto agli occhi di chi non sa rinunciare ad una certa vitalità scenica, ma altrettanto allettante per chi ha assistito a questo nuovo inizio di stagione del Teatro La Fenice con naturale spensieratezza.
Così i rulli rotanti che simulano le onde del mare esaltano l’intensità della vicenda spingendo le scene di Justin Arienti a rifugiarsi in parte nell’artificio proprio della macchineria barocca rivisto con lo stupore di chi, pensando di dover aprire un libro, si trova davanti all’apparizione di fantastici pop-up.
Preziose sfumature coloristiche sgorgano instancabilmente dalla sorprendente partitura di Mozart per ritrovare qui degna sostanza attraverso l’affascinante lettura di di Jeffrey Tate, contraddistinta da un ampio senso del respiro che evolve dai suoi passi virtuosistici ai momenti più tesi e drammatici dell’opera. Coinvolge e appassiona il pubblico l’interpretazione del cast vocale capitanato da Brenden Gunnell e Monica Bacelli, rivelando nella prova del bravissimo Krystian Adam nei panni del sacerdote, un inaspettato punto di forza. Il Teatro La Fenice avvia così a pieni voti il programma del nuovo cartellone musicale attraverso questa nuova produzione mozartiana seppur in un clima meno festoso dovuto ai recenti fatti di cronaca che hanno coinvolto da vicino anche la comunità veneziana