“Il tocco del peccato” di Jia Zhangke

L’altra faccia della crescita, il volto della miseria

Come sappiamo, il prodotto interno lordo di una nazione non è indice del benessere della sua popolazione, della qualità di vita del paese reale, della tutela dei lavoratori, della diffusione di cultura e istruzione; né può essere indice dell’assenza di disuguaglianze, conflitti sociali, soprusi e corruzione.

Nella Cina odierna, un minatore reagisce al corrotto potere del capo villaggio imbracciando un fucile avvolto in un asciugamano con l’immagine di una tigre ruggente e spara, spara e sparge sangue ovunque. In un centro rurale del sud, un uomo ritorna al suo villaggio e alla sua famiglia; estraneo a tutto, sa usare la pistola. In una città, una giovane donna che lavora in una sauna è aggredita da due clienti che la vogliono e non accettano le sue resistenze. Un ragazzo ha lasciato la famiglia per cercare lavoro in città e per mandare i soldi a casa: tutti dipendono da lui, impedendogli di scegliere la sua vita.

Prendendo spunto da quattro fatti di cronaca nera, Jia Zhang-ke – Leone d’Oro a Venezia 2006 con Still Life – affronta la brutalità e la morte che nasce dalla miseria, dalla corruzione e dall’umiliazione. Sangue, molto sangue, fori di pallottole e lame affilate: improvvisa o meditata la violenza esplode per disperazione o perché non c’è più nulla da perdere. Nera e di lucida follia è la cruda realtà di un Paese dal corpo immenso, dai divari enormi, dalla ricchezza nelle mani di pochi e dall’irreversibile indigenza di molti. “Schiavi” che lavorano nelle viscere della terra o nelle fabbriche in superficie, senza speranza, senza tutele.

Queste sono le fondamenta del miracolo capitalistico cinese a cui le industrie dell’occidente ricorrono per produrre a minor costo. Un Paese la cui migrazione interna, favorita dallo stato, ha sfaldato la struttura familiare, provocando estraneità e disorientamento, e modificato la fisionomia del territorio con l’abbandono delle campagne. E’ la Cina che mette in scena Zhang-ke, lontano dagli skyline di Shanghai e di Pechino: quattro vite interrotte che diventano paradigma; miserie esplosive in cui il regista intarsia una parata di escort travestite da soldatesse per intrattenere un “elegante” convegno di uomini politici e d’affari.

Quattro frammenti di vita che si sviluppano in un tempo adiacente, ma in luoghi diversi, cui il regista dedica la stessa durata, chiudendo ognuno in una stretta cornice in cui la banalità della disperata miseria quotidiana deflagra nell’eccezionale ed efferata violenza del singolo.
Anche le nostre cronache a volte hanno parlano di questo: un inspiegabile che a ben vedere qualche spiegazione può averla…

A Cannes 2013, Premio Migliore Sceneggiatura.

Titolo originale: Tian Zhu Ding
Nazione: Cina
Anno: 2013
Genere: Drammatico
Durata: 133′
Regia: Jia Zhangke

Cast: Wu Jiang, Baoqiang Wang, Vivien Li, Jia-yi Zhang, Lanshan Luo, Tao Zhao
Produzione: Office Kitano
Distribuzione: Officine Ubu
Data di uscita: Cannes 2013
21 Novembre 2013 (cinema)