“Illusioni: Le avventure di un Messia riluttante” di Richard Bach

Le recensioni non devono essere necessariamente positive (ed il parere del recensore non è necessariamente condivisibile): dopo tale premessa, sto per sconsigliarvi di acquistare un libro ricevuto come regalo di compleanno e letto per puro dovere di riconoscenza.

Illusioni: Le avventure di un Messia riluttante è uno dei molti libri scritti da Richard Bach in seguito alla pubblicazione de Il Gabbiano Jonathan Livingston ; infarcito di elementi biografici e reiterazioni tematiche, il racconto narra l’incontro fra un pilota di aerei privati ed un cosiddetto Messia (sì, esatto, un Messia, un mediatore fra la terra ed il divino, un portatore di verità) che ha deciso di abbandonare la propria “carriera” di profeta per dedicarsi ad una fantomatica coltivazione di sè, per sentirsi libero dagli impegni della predicazione.

Se ben sviluppata, questa storiella potrebbe risultare quantomeno interessante; lo stesso vale per i brevi aforismi, scritti dallo stesso autore e presenti in alcuni capitoli, che potrebbero indagare a fondo la natura umana concedendoci una pausa narrativa.
In realtà, vi dico a malincuore che tutto ciò che viene riportato nel libro è di una mediocrità disarmante e di una superficialità da soap-opera.
L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è un racconto infarcito di insegnamenti New-Age e visionarietà americana, scritto con uno stile ripetitivo, scarno e banale, caratterizzato da paratassi, assenza di aggettivazione, linguaggio piatto, monotono, opaco e per di più rovinato da un finale prevedibile: questo è ciò che vi aspetta se deciderete di leggerlo.

Ve lo sconsiglio non soltanto per un motivo puramente estetico, quanto per i temi di cui sembra farsi portatore, adatti forse ad un pubblico di adolescenti in fase di onnipotenza puberale, o magari a chi vuole ancora farsi prendere in giro dai cosiddetti “scrittori-motivatori”, narratori di storie moraleggianti in cui tutti i sogni si esaudiscono e le speranze si realizzano soltanto perchè “basta volerlo”. Un tema, quello dello “Yes-Man”, in cui la narrativa (soprattutto anglo-americana) da supermercato (con tutto il rispetto per i supermercati) sembra crogiolarsi da un po’, il cui successo manifesta soltanto un patetico inaridimento delle forme espressive ed una palese volontà di guadagni facili.

Il messaggio fondamentale del predicatore, in effetti, riguarda il potere assoluto della volontà umana nelle varie circostanze della vita: l’uomo può ottenere tutto ciò che desidera, anche ciò che sembra impossibile ed inattuabile, purché sia in grado di liberarsi dalle proprie paure e lo voglia intensamente. Una sorta di American-Dream rivisitato in chiave messianica: ognuno di noi può compiere dei miracoli, ognuno di noi è a proprio modo un mediatore tra gli uomini e la realtà superumana ed è capace di vivere pienamente ogni attimo della propria vita.
Purtroppo, la quotidiana esistenza, con le sue ripetute delusioni, noie, mediocrità e disillusioni, e la maturità dell’esperienza insegnano non soltanto che l’uomo ha limiti di azione, ma che i fili della sua vita sono governati da un burattinaio incontrollabile. Le abitudini, il luogo di nascita, i rapporti umani, i valori sociali: come poter sfuggire ad essi arrischiando la pretesa della propria autenticità?

Lo stesso dicasi per le scelte di cui l’uomo è chiamato a rispondere: come poter sperare in una reazione spontanea e sincera, che non tenga conto del macigno del proprio passato e del proprio presente, manifestata da una volontà cristallina e decisa?
Richard Bach vorrebbe insegnarci, forse con un pizzico di ingenuità (assai poco credibile – si sa, un libro di illusioni vende più dell’amara verità), che tutto è possibile, tutto è realizzabile, che le illusioni sono necessarie per poter raggiungere i propri obiettivi. Io vorrei soltanto riportarvi con i piedi per terra e gli occhi al presente, facendovi risparmiare una decina di euro per un libro di facilonerie abbindolatrici e superficialità.

Richard Bach, “Illusioni: Le avventure di un Messia riluttante”, 1989, pp. 160.

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