Nel giorno della prima proiezione di “Requiem for Billy the Kid” al 24° Torino Film Festival, sezione “Americana”, la regista francese Anne Feinsilber racconta in questa intervista il making of della sua opera prima per il cinema.
NSC: Perché un film su Billy the Kid?
Anne Feinsilber: Questo film è stato un’avventura per me, che provenivo dal documentario e dalla televisione. L’inizio della storia è stato lo scoprire che c’era ancora una indagine in corso su Billy the Kid che era ancora in grado di suscitare curiosità, tanto che il New York Times gli ha dedicato una intera pagina. A questo si aggiunge il mio amore fin da bambina per il western. Però volevo anche una star in un film senza attori. La storia poteva essere raccontata attraverso immagini e suoni. E’ stata una sfida, sia durante le riprese, sia in fase di montaggio.
NSC: Come ha costruito il film?
Anne Feinsilber: Ho iniziato con un viaggio nella zona sud occidentale del New Mexico, dove poi ho girato tutto il film, ma ancora non sapevo come l’avrei realizzato. La mia unica certezza era che non avrei fatto un documentario storico con esperti che raccontavano seduti le loro ricerche e ricostruzioni. Ho chiacchierato molto con la gente nella zona in cui Billy the Kid visse veramente e ho scoperto che non era solo una leggenda, ma c’era un legame profondo, perché i nonni e i bisonni di quelle persone erano stati a fianco di Pat Garrett o di Billy. Così ho deciso di fare un documentario con degli inserti di finzione.
NSC: Nel film anche il paesaggio è in qualche modo protagonista.
Anne Feinsilber: quando si arriva in New Mexico si viene in qualche modo sopraffatti e conquistati dal paesaggio, da questi immensi spazi aperti, che è poi la caratteristica che fa amare così tanto il genere western a noi europei. In fase di montaggio, però, ho dovuto lottare per non correre il rischio di trasformarlo in un paesaggio da cartolina. I paesaggi potevano legarsi alla parte poetica del film.
NSC: E infatti le poesie di Arthur Rimbaud fanno da contrappunto alla narrazione in prima persona di Billy e della sua voce narrante. Come è nato questo inconsueto accostamento?
Anne Feinsilber: La cosa più interessante era che volevo raccontare le cose in modo diverso. Ho pensato che associare la poesia al rude mondo del West fosse un buon modo. Quando si parla del West si rischia sempre di scivolare in un clichè. Le poesie di Rimbaud permettono di creare dei collegamenti ideali.
NSC: Come è riuscita a coinvolgere Kris Kristofferson, voce di Billy the Kid?
Anne Feinsilber: Qui dobbiamo fare un passo indietro. Il film è stato scritto in francese, ma in fase di montaggio mi sono resa conto che non funzionava. Così sono andata a Los Angeles da Kristofferson (che ha interpretato Billy the Kid nel film di Peckinpah, N.d.R.), gli ho fatto una lunga intervista e gli ho raccontato cosa stavo facendo: un documentario, ma anche un film di finzione, le poesie di Rimbaud, la voce che raccontava ma non era proprio una narrazione… Ho scoperto che il ruolo di Billy nel film di Peckinpah era stato il più importante per lui e a quel punto ha accettato.
NSC: Nel film l’altra voce è la sua. Avete registrato insieme?
Anne Feinsilber: sì, ci siamo trovati a New York per incidere insieme. Per me è stato un momento magico perché in qualche modo Kris Kristofferson non recita Billy the Kid: lui “è” Billy the Kid. Quando la sua voce è stata aggiunta, ho capito che il film era finito. Era completo