“Io e Beethoven” di Agnieszka Holland

Trent’anni dopo la morte di Mozart, a Vienna impera un altro grande musicista, Ludwig van Beethoven. La bella Anna Holtz si reca a lavorare presso di lui come copista, nella speranza di riuscire a fargli notare il suo talento di compositrice. Ma la nota misoginia del maestro (e della società dell’epoca), il suo carattere impossibile e la sua sordità renderanno il sogno della ragazza ben difficile da realizzare.

Dopo Il nipote di Beethoven (Paul Morrissey, 1985) e Amata immortale (Bernard Rose, 1994), un’altra opera sugli ultimi giorni di vita del grande compositore sordo. E, novità, sul suo rapporto con un aspetto dell’universo femminile poco indagato nei precedenti film: il talento. Non più la sessualità, l’amore o l’odio, ma il semplice confronto con una donna che lo ammira, lo osserva e lo vuole emulare.
Pur essendo l’idea di partenza molto interessante, il film rischia purtroppo di deludere lo spettatore: Io e Beethoven rimane troppo fedele al titolo, non solo focalizzandosi sul rapporto fra i due, ma mostrando esclusivamente i due protagonisti.

Per la maggior parte girata con primi o primissimi piani, l’opera non considera la città, la società, i caratteri dei personaggi stessi. Il nipote Karl, che poteva essere trattato come un elemento emotivamente forte e scardinante, diviene una sorta di dandy piuttosto piatto; la stessa Anna non si presta a una rappresentazione a tuttotondo, dato che i suoi scontri con il maestro sono veementi e altrettanto velocemente dimenticati, in nome dell’amore per l’Arte; Beethoven viene dipinto come una figura dal talento dato per scontato, troppo impegnata a paragonarsi a Dio per far capire allo spettatore dove e come il soffio divino si manifesta.
Come era già accaduto per Poeti dall’inferno (1995), quel che manca nell’opera di Agnieszka Holland, è la vera Passione: la stessa passione che fa scaturire l’Arte dal profondo dell’Anima. Dio è chiamato in causa molto spesso, ma non è supportato da immagini o inquadrature altrettanto significative, mentre i dialoghi si dedicano a una sequela di banalità, quando non addirittura volgarità gratuite e fastidiose (discussioni su seni, peti, escrementi e quant’altro), senza far notare allo spettatore dove sia il Sublime in una personalità così poco amabile.

Del film, la parte più affascinante è costituita da certe scelte di fotografia (una sequenza d’apertura dalle immagini che ricordano Millet, ma con i colori di Bosch; alcuni ralenti che descrivono visivamente i pianissimo e gli adagio; i volti dei cantanti del coro che ricordano quelli dei contadini di Bruegel), e da alcune sequenze rese accattivanti da piccole accortezze narrative (ironiche immagini di severa regola monastica; gli applausi del pubblico i quali, dopo l’esecuzione della Nona, divengono udibili dallo spettatore cinematografico solo dopo che il Maestro si è rivolto verso la platea, dato che, mentre dava le spalle alla corte austriaca, la sua sordità era rappresentata dalla mancanza di sonoro).
Il Genio è un’entità sicuramente difficile da descrivere sullo schermo cinematografico. Ma non è con un taglio “moderno” (donna–uomo, vecchio–giovane, genio–animale, musica–peto) e un po’ scontato che si può ritrovare il percorso compiuto da un’anima inquieta. Le grandiose composizioni di Ludwig van Beethoven rimangono qualcosa che si stacca dalla pellicola, elevandosi al Cielo (le composizioni si!), mentre il film, purtroppo, rimane bloccato a terra.

Titolo originale: Copying Beethoven
Nazione: U.S.A., Germania, Ungheria
Anno: 2006
Genere: Drammatico, Romantico, Musicale
Durata: 104′
Regia: Agnieszka Holland
Sito ufficiale: www.myriadpictures.com/…
Cast: Ed Harris, Diane Kruger, Ralph Riach, Nicholas Jones, Joe Anderson, Phyllida Law, Matthew Goode, George Mendel
Produzione: Metro-Goldwyn-Mayer, Anomaly Entertainment, Copying Beethoven, Eurofilm Stúdió, Sidney Kimmel Entertainment, VIP 2 Medienfonds
Distribuzione: Nexo
Data di uscita: 15 Giugno 2007 (cinema)

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