“KENJAC” di Antonio Nuić

Rancori famigliari osservati da un somaro

Bergamo Film Meeting – Concorso
Di asini e muli al cinema ne abbiamo visti diversi, da quello comico della serie di Francis il mulo parlante a quello che nel film di Bresson (Au hasard Balthazar) osservava e subiva le cattiverie del mondo.

Quello di Kenjac (che significa per l’appunto somaro – inteso sia come animale, sia come persona testarda) svolge una duplice funzione. Da un lato, la sua presenza silenziosa e impenetrabile serve come specchio di fronte al quale i personaggi rivelano se stessi, togliendosi le maschere che indossano abitualmente. Dall’altro, grazie all’affetto che riesce a suscitare nel ragazzino, diventa il motore del rappacificamento tra il protagonista e il padre.

Kenjac racconta – con uno stile ellittico che talvolta si apre al sorriso – di difficili rapporti famigliari sullo sfondo delle vicende belliche nella ex-Jugoslavia. Boro torna con la moglie e il figlioletto in Erzegovina nei luoghi dove è nato e dai quali mancava da molto tempo. Lì ritrova gli zii, un padre con il quale non vuol più parlare e un fratello che lo invita a far pace col padre, con se stesso e col mondo.

La guerra in realtà non si vede. Si vede qualche soldato, si sente in lontananza qualche raffica, si sentono alla radio e alla Tv le notizie (è l’estate del 1995, il periodo dell’“Operazione Storm”). Ma, seppur non direttamente visibile, la guerra c’è. Non solo per le conseguenze fisiche che ha lasciato (il fratello è rimasto paralizzato dopo essere stato colpito dalla scheggia di una granata), ma anche per quelle psicologiche: è chiaro che tra i conflitti relazionali dei protagonisti e i conflitti bellici c’è un legame. Una guerra così devastante non può non aver lasciato ferite profonde nelle coscienze degli individui che si ripercuotono sui rapporti personali. O, forse, il legame causale può essere visto al rovescio: le ragioni profonde di qualsiasi conflitto bellico non stanno solo nelle decisioni di capi di stato e governanti che cadono addosso agli individui, ma nascono all’interno degli esseri umani: l’incapacità di capire le ragioni degli altri, il rancore reciproco che si sviluppa per la paura di rivelarsi, l’inclinazione a ingannare, o quantomeno a nascondere (quasi tutti nascondono qualcosa: Boro e il padre nascondono un segreto, lo zio nasconde i soldi) sono i microscopici germi di piccoli conflitti e di enormi tragedie. Pur non mostrandoci la guerra, Kenjac – che celebra la maggior saggezza delle donne, più capaci degli uomini di assumersi anche colpe non proprie, più capaci di perdonare – ci fa dunque sentire la sua presenza.

Pur se non originalissimo, Kenjac è un lavoro abbastanza interessante e rivela buone capacità di racconto. Che si appannano, però, e perdono coerenza stilistica quando il film, nell’ansia di trovare un finale di speranza, abbandona l’ellissi e sceglie la scorciatoia di qualche scena troppo esplicativa e rivelatrice (come il dialogo risolutore tra Boro e il padre, al termine del quale scorre qualche lacrima).

Titolo originale: Kenjac
Nazione: Croazia Gran Bretagna, Serbia
Anno: 2009
Durata: 90’
Regia: Antonio Nuić
Cast: Nebojsa Glogovac, Natasa Janjic, Ljubo Kapor, Asja Jovanovic, Emir Hadzihafizbegovic, Gordana Boban, Tonko Lonza, Roko Roglic
Produzione: Propeler Film, MaNuFaktura, Hrvatska radioteòevizija, Film and music entertainment, Baš Čelik
Presentato in concorso al Bergamo Film Meeting l’8 marzo 2010