“KLIMT – DIRECTOR’S CUT” DI RAOUL RUIZ

Fantasmagoria di una vita

Fuori Concorso
Nato il 14 luglio 1862 a Baumgarten, un sobborgo di Vienna, Gustav Klimt segnerà l’inizio del Novecento con la sua raffinatissima arte. Membro della principale associazione artistica viennese, la Casa degli Artisti, considerava l’arte austriaca di vedute troppo ristrette ed eccessivamente ancorata al passato. La sua profonda voglia di rinnovamento lo portò a fondare la celeberrima “Secessione” di cui fu il primo presidente. Appassionato del corpo femminile (nudo e semivestito), eseguì molti disegni erotici e provocatori, che però colpirono per la loro estrema eleganza e non per volgarità. Gustav Klimt fu uno dei più illustri pittori della sua epoca.

Questi alcuni degli aspetti più importanti della sua vita, che Raoul Ruiz trasferisce sul grande schermo con un particolare taglio stilistico. Klimt – Director’s Cut non è il solito film sulla vita di un artista, ma è l’insieme degli aspetti più interessanti e affascinanti, quasi misteriosi, di un pittore che viaggiava con la sua mente nei meandri della creatività e della passione. Questi aspetti vengono messi in risalto da due scene poetiche e allo stesso tempo “pittoriche” in cui Klimt (interpretato da John Malkovich) cerca ispirazione: nella prima agita con un bastone uno specchio d’acqua in cui sono riflesse le sue amate modelle nude, svelando qualcosa nella scomposizione armoniosa dell’immagine; nella seconda, quasi estasiato, lo vediamo all’opera con lamine dorate che una porta violentemente chiusa fa svolazzare intorno a lui.

E poi c’è lei, Lea de Castro, personaggio femminile su cui è intrecciata tutta la sceneggiatura. Misteriosa, sensuale, provocante, ma allo stesso tempo angelica, diventa un’ossessione per Gustav che, dopo averla conosciuta all’Esposizione Universale del 1900 a Parigi, la incoronerà sua musa ispiratrice, personificazione dei suoi ideali erotici e dei suoi desideri carnali. Intorno agli incontri dei due (sullo sfondo il sesso e la passione tra i due) sfilano numerosi altri personaggi (uno su tutti il pittore Schiele), che aiutano lo spettatore ad entrare in una quasi onirica rappresentazione del pensiero e della visione della vita dell’artista. Si è trasportati, letteralmente, con un uso particolare delle riprese, in cui vediamo dei primi piani che girano velocemente su uno sfondo pieno di particolari ambientazioni, oggetti, sguardi, costumi, nel mondo di Klimt.

Proprio i vestiti, la minuziosità dei particolari sugli oggetti, le acconciature delle donne, le querelle filosofiche nel circolo degli artisti, la musica, diventano un vero e proprio personaggio, con cui Klimt deve rapportarsi non solo con le parole, ma soprattutto con lo sguardo e i suoi incomprensibili silenzi. Ruiz ha affermato: «Il film è una fantasia o, se vi piace, una fantasmagoria. Proprio come uno dei suoi dipinti, nel quale le figure materiali e immaginarie si mescolano e ruotano attorno a un fulcro centrale: il pittore Klimt. Volevo tratteggiare le caratteristiche stilistiche uniche dell’arte di Klimt, il prevalere della bellezza, l’eccesso di colore, gli spazi distorti e gli angoli complessi, per cogliere la vita e illuminare una delle più ricche, contraddittorie e misteriose epoche della storia moderna».

Tra allegorie sulla condizione umana e mentale di Klimt, in un rimando di flashback e anticipazioni della sua futura malattia, che lo obbligheranno a restare in un materasso pieno d’acqua, lo spettatore rimane incuriosito, se non addirittura affascinato, dall’anticonvenzionalità della vita di questo pittore. Interessanti alcuni dialoghi in cui si parla di diversità, in cui le parole dette da Klimt possono essere traslate ai giorni nostri rivelandosi molto attuali. Nel complesso, il film, realizzato come fosse un gioiello (ottimo l’uso della fotografia e delle luci), richiede un grande impegno da parte dello spettatore durante la visione, al fine di non farsi sfuggire numerosi aspetti e riflessioni su di un’epoca così vicina a noi, così ipnotizzante.

KLIMT
Francia, 2006, 35mm, 129′, col.
regia, soggetto/director, story Raoul Ruiz
sceneggiatura/screenplay Raoul Ruiz, Gilbert Adair
fotografia/director of photography Ricardo Aronovich
costumi/costume design Birgit Hutter
montaggio/film editor Valeria Sarmiento
musica/music Jorge Arriagada
suono/sound Michael Spencer
interpreti e personaggi/cast and characters John Malkovich (Gustav Klimt), Veronica Ferres (Emilie Flöge), Saffron Burrows (Lea De Castro), Stephen Dillane (segretario/the Secretary), Paul Hilton (Octave Herzog), Sandra Ceccarelli (Serena Lederer), Karl Fischer (August Lederer), Irina Wanka (Berta Zuckerkandl), Antje Charlotte Sieglin (Vally), Nikolai Kinski (Egon Schiele), Joachim Bissmeier (Hugo Moritz), Peter Appiano (Carl Moll), Mark Zak (Hevesi), Gunther Gillian (Georges Méliès)
produttore/producer Dieter Pochlatko, Arno Ortmair, Andreas Schmidt, Matthew Justice
produzione/production Lunar Films
distribuzione/distribution Rai Cinema, P.F.A. Films (Pier Francesco Aiello)