“Kill Bill Vol. 1” di Quentin Tarantino

Troppo non stroppia

Roboante ritorno alla regia di Quentin Tarantino che non pone limiti al suo talento creativo regalandoci un altro viaggio attraverso la mente di un cinefilo visionario.

Texas. La banda delle Vipere velenose stermina i partecipanti ad una cerimonia di nozze. Unica superstite, la Sposa (che nell’agguato ha perso il figlio che portava in grembo), ex amante del capo della banda (Bill), dopo quattro anni di coma si risveglia con un unico obiettivo: vendicarsi della vita che le è stata negata e…uccidere Bill!
Sei anni di astinenza dal regista più innovativo di Hollywood (l’ultimo lavoro è stato Jackie Brown nel ‘97) hanno certamente creato enormi aspettative nel pubblico di tutto il mondo e, immancabilmente, Tarantino riesce ancora a sorprendere nonostante tutte le indiscrezioni trapelate nei mesi precedenti l’uscita del film.

L’intera pellicola è una composizione sapiente di citazioni di filmografie di genere provenienti dal cinema di Hong Kong, dai Kung Fu movies, dalle storie di samurai e non ultimo dal cinema di Sergio Leone. Lo svolgersi della narrazione è affidato ad una divisione in capitoli che illustrano antefatti e tappe del percorso della vendicatrice. L’utilizzo di diversi flashback (anche se molto diverso da quello usato in Pulp fiction) in realtà sembra far apparire un po’ frammentaria la prima parte del film, ma nella seconda tutto diventa più lineare, ed il talento visivo del cineasta che ha nobilitato il genere Pulp prende il sopravvento e può manifestarsi in tutta la sua genialità.
Fin dalla prima scena l’eccesso sembra dominare la mente del giovane regista. Ogni elemento della pellicola trova infatti una sua particolare estremizzazione, a volte tipica dei generi cinematografici rappresentati, altre propria della concezione fuori da tutti gli schemi del film-maker americano.

Uccisioni, mutilazioni, ferite e sangue a fiumi accompagnano la protagonista (una strepitosa Uma Thurman, tanto affascinante quanto pericolosa) nella discesa infernale verso il compimento della vendetta; allo stesso tempo i combattimenti scandiscono lo svolgersi degli avvenimenti quanto la divisione esplicita in capitoli. Decapitazioni, omicidi e duelli, tutto è portato all’estremo, dalle ferite, descritte attraverso esplosioni sanguinanti mai usate in film non di serie B in Occidente, al cinismo dei personaggi. Nelle scene più truculente la violenza, almeno per quanto riguarda il colore, viene parzialmente attenuata dall’utilizzo del bianco e nero che, per altro verso invece, enfatizza il mondo “spento” in cui è stata relegata la Sposa e mette in evidenza il pensiero di vendetta, unico ed esasperato, in cui lei vive.
L’inserimento all’interno della pellicola di una sequenza piuttosto corposa di disegni animati, in stile Manga giapponesi, porta ad una percezione ancora più straniante dell’universo fittizio creato da Tarantino ed alimentato da violenza e rancore, popolato da personaggi senza troppe sfumature (connotati positivamente o, soprattutto, negativamente) e ricostruito con colori e ambientazioni quasi fumettistici.

Guardando il film si nota subito il compiacimento citazionistico che il regista ha deliberatamente e dichiaratamente manifestato fin dalla scrittura della sceneggiatura; forse alcuni potrebbero considerare questo atteggiamento un’involuzione strutturale rispetto al cinema a cui il cineasta americano ci aveva abituato, altri potrebbero considerarlo invece un ulteriore passo avanti.
Di certo resta la capacità di sperimentare, la volontà di confrontarsi con una pellicola espressamente di genere e volutamente centrata sull’immagine. Non più dialoghi taglienti, poche parole e tutte al servizio dell’azione; un percorso narrativo classico, già visto, ma che conserva freschezza, potenza espressiva e la capacità di incollare lo spettatore alla poltrona.

Già, perché di intrattenimento stiamo parlando. Tarantino ha avuto il coraggio e la possibilità ( è uno dei pochi che a Hollywood, e con la Miramax, gode quasi di carta bianca) di affrontare un nuovo lavoro senza subire il peso dei suoi film precedenti (ormai già cult), dedicandosi ad una pellicola “edonisticamente commerciale” che conciliasse i desideri di confrontarsi con le sue passioni cinefile con il divertimento del pubblico, senza pretendere particolari approfondimenti.
L’autore de Le iene sembra non essere mai stato così manifestamente divertito e compiaciuto da una sua opera ed effettivamente non può che sembrarci chiara la sua volontà di sperimentare la commistione di generi poco diffusi in Occidente e di portarli all’attenzione del grande pubblico in primo luogo per suo piacere personale.

Meriterebbe infine una menzione a parte la meravigliosa colonna sonora che, quasi senza interruzioni, accompagna lo spettatore attraverso i vari luoghi della violenza e dell’azione spaziando da sonorità orientaleggianti a pezzi ritmati ed avvincenti.
Insomma, anche se era già evidente per gli altri suoi tre film, mai come in questo caso si può affermare che i film di Tarantino o si amano o si odiano, le mezze misure si perdono nel tentativo di dare forma alla genialità multiforme di una mente incontrollabile.

Titolo originale: Kill Bill – Vol.1
Nazione: Usa
Anno: 2003
Genere: Azione/Commedia/Thriller
Durata: 110′
Regia: Quentin Tarantino
Sito ufficiale: www.kill-bill.com
Sito italiano: www.buenavista.it/killbill
Cast: Uma Thurman, David Carradine, Daryl Hannah, Michael Madsen, Vivica A. Fox, Lucy Liu, Samuel L. Jackson.
Produzione: Lawrence Bender, Quentin Tarantino
Distribuzione: Buena Vista
Data di uscita: 24 Ottobre 2003